ATTENZIONE: Copia a scopo dimostrativo, alcuni elementi potrebbero non funzionare.

È intrinseco alla modernizzazione il fatto di perdere elementi che costituivano il nostro passato. Per tale motivo abbiamo inventato i musei. Affinché la memoria possa ricordare quelle che sono le nostre origini. Il problema non è stato risolto a livello olfattivo. Anni fa, se si camminava nei vicoli dei nostri paesi, si percepivano odori nitidi, divisi gli uni dagli altri, prepotenti e desiderosi di farsi annusare singolarmente. Ti arrivavano zaffate sottovento che provenivano da stalle o pollai, alcuni di questi tragicomicamente domestici, il profumo del bucato appena steso, l’odore di verdure messe a bollire alle prime luci dell’alba. Sapevi che era domenica non solo per il fatto che ti facevano indossare il vestito buono, quello per andare alla messa, ma perché dalle case usciva il profumo dell’arrosto.

La scenografia letteraria non esiste. Benché l’etimologia del termine potrebbe far pensare esattamente al contrario. La capacità narrativa di riuscire a creare immagini intrinseche alle parole viene comunemente chiamata fantasia dell’autore, ma nel caso di un romanzo particolarmente eclettico, innovativo nella sua metrica e decisamente geniale, è giusto accostare un termine cinematografico per far capire il continuo cambio di scena che ogni capitolo propone, senza togliere per un solo istante il proprio nesso logico che rende questo piccolo capolavoro come un opera fondamentale per tutti coloro che ancora sognano di poter vivere nel mondo del cinema o ancora più utopicamente di potersi mantenere attraverso la scrittura.

In un mondo privo di luce, tutte le differenze finirebbero con lo scomparire. Resterebbero inalterati i bisogni primari, come mangiare, bere amare e dormire. Le basi ancestrali della nostra specie finirebbero lentamente con l’estinguersi e alla fine, l’essere umano, regredirebbe alla sua condizione primaria di ameba. Per nostra fortuna, il creatore, chiunque esso sia, nelle varie mansioni che gli permisero di creare il mondo che abitiamo, decise in libero arbitrio di inserire anche la luminosità, permettendo al bipede pensante di prendere coscienza sulla prospettiva e sugli infiniti orizzonti.

Se facciamo un salto nel tempo e torniamo a quando eravamo bambini (un desiderio che almeno una volta nella vita accomuna tutti gli adulti) potremo rivederci con il capo chino mentre cerchiamo di assimilare i primi rudimenti della lettura. Non abbiamo nelle mani uno dei classici che successivamente prenderà posto nella nostra libreria, bensì un fumetto, perché ancora non ci è chiara la strategia per trasformare in immagini interi periodi e il nostro bisogno infantile chiede che le parole vengano descritte. Siamo prima figli di Topolino e poi dopo, forse, anche di Zanna Bianca. Siamo stati supereroi con tanto di mantello e maschera di stoffa prima di credere di poter diventare eroi domestici per salvare donzelle. A colpi di Sob, di Gulp e di bla,bla bla, abbiamo descritto le nostre emozioni, salvo poi sentirci dei bipedi eruditi, con un lessico che non era più ecolalico. Oggi ci troviamo ad osservare l’evoluzione del nostro sapere in maniera interlocutoria. Gli immensi scaffali delle librerie, hanno fatto richiesta di condono, per l’improvviso ampliamento resosi necessario dal ritorno in auge del romanzo grafico. Uno di questi, Quaderni Ucraini, di Igort, lo si trova posizionato in uno spazio che deve essere definito con un termine appartenente allo scorso secolo. Valico di dogana.

Prima ancora di convertirci all’esterofilia anglofona, il nostro lessico era infarcito da termini francesi che ci facevano sentire inevitabilmente dei radical chic. Uno di questi, utilizzato nella sua fase d’esordio nelle conversazioni erudite è Routine. La ripetizione che sotto intende l’anticamera della noia. La quotidianità che non lascia spazio all’improvvisazione e che schiavizza l’impostazione del tempo lavorativo e ricreativo. I latini sostenevano che repetita iuvant e tale massima è stata magistralmente messa in pratica dai criceti, più che dagli esseri umani. Il roditore ha inserito nella propria quotidianità una serie continua di giro sulla ruota. Di sonno programmato e di abbuffate malcelate dalla necessità di approvvigionarsi per anticipare il letargo. Provate a togliergli all’improvviso una di queste costanti e improvvisamente la gabbietta dove il mondo gli appariva paradisiaco si trasformerà in un cella di isolamento. L’incipit può essere utilizzato per descrivere la vita metodica di Rita Riboldi, la protagonista del romanzo di Gabriele Cecchini, La caduta.

WEB TV