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Dovrebbero essere gli Svizzeri i designatari dell'incidere del tempo. Con i loro cucù, gli ororlogi di plastica colorati e quelli in oro e argento (o presunto tale) che rappresentano uno status symbol superiore alla consistenza del cioccolato. Il tic Tac cardiaco è tutt'altra cosa. L'aritmia delle emozioni è abilmente descritta da chi non si cura dei secondi, ma vive in una dimensione dove è giorno quando c'è l'amore ed è notte quando ancora l'amore c'è o viene totalemnte a mancare. Gli svizzeri hanno le loro storie su una bambina che corre scalza dietro alle capre. Noi dimentichiamo spesso di ricaricare la svegli in cucina ma non possiamo mai distogliere lo sguardo da quella che è la nostra natura latina. La passione. E sulla scala della latitudine percepiamo come il caldo, il sole, il mare, dilati l'immagine del desiderio. Un autore che da tempo volevo recensire e a cui (qui lo dico e non lo nego) dedicherò altro spazio, è Diego De Silva. Partenopeo Doc. Autore a cui diverse librerie dovrebbero dedicare uno scaffale a parte. Capace di dire ciò che mille altri pensano e che non riescono ad esprimere. Come si fa a raccontare un amore così intenso, senza che i due protagonisti entrino mai in contatto fra di loro. Come si fa a parlare di passione descrivendo l'assenza? Diego De Silva fa un passo a lato, si allontana dalle irresistibili vicende di Vincenzo Malinconico e ci regala una semplice storia d'amore.

La dendrocronologia è la scienza che classifica la crescita degli alberi atraverso la numerazione dei cerchi presenti nella sezione del loro tronco. Leonardo fu il primo ad appuntare su uno dei suoi tantissimi taccuini il segreto botanico. Successivamente ogni individuo colpito dalla primae verdeanica falangea, neologismo non Bartezziano, ma inventato or ora di sana pianta che può essere tradotto semplicemente in pollice verde, ha analizzato le linee dei cerchi quasi che fossero fondi di caffè, senza capirci assolutamente nulla e tralasciando la parte più importante, quella dello spazio fra una linea e l'altra. Il margine dell'esistenza e il suo continuo riproporre il passo verso il vuoto che ivi è contenuto. Descivere il nulla è impossibile. Disegnarlo è opera da reparto protetto per pazienti consci di essere ricoverati in un istituto di igiene mentale. Davide Reviati annulla il colore e si prende cura della sua sequoia narrativa. Un tomo di cinquecento pagine dove i cerchi concentrici sono gli spazi vuoti e l'assenza è tangibile. Un libro breille che rende percepibile al tatto la dimensione dilatata del vuoto.

Materica è una definizione che viene spesa per rafforzare il concetto di dimensionalità dell'arte. Non può essere utilizzata né in letteratura né in poesia visto che la parola non ha dimensionalità né spessore alcune (banditi da questa recensione i ragionamenti filosofici sulla struttura del verbo).  Eppure, se dovessimo descrivere anche solo un arbusto, scopriremmo quanti termini sia possibile utilizzare, superando di gran lunga i fotogrammi che la nostra mente sarebbe in grado di imprimere attraverso lo sguardo. Davide Sapienza esce dal letargo (non culturale ma fisiologico) e torna ad essere il plantigrado che apre nuove vie di comprensione.

Three seconds left. Mancano solo tre secondi. In uno spazio così breve non puoi raccontare la storia della tua vita, eppure in quei tre colpi di maglio, sull'orologio del tempo, viene forgiato quello che sarà il futuro di molti. Mancano solo tre secondi alla fine di una partita. Quella che vede l'America opposta all URSS. Gli adolescenti sappiano che ancor prima di essere CSI (non il consorzio di Giovanni Lindo Ferretti..) ancor prima di essere CCCP (sempre Ferretti come detentore del copyright nostrano), la Russia si chiamava così. Ciò che i missili puntati su Cuba non erano riusciti a fare. Ciò che sarebbe stato pochi anni dopo, con l'invasione Russa oltre i confini Afghani, si stava già materializzando nella stanza dei pazzi. Quel rettangolo di gioco dove vengono disegnate altre forme geometriche e dove cinque nerboruti ragazzi, che potrebbero trovare facilmente impiego in imprese boschive o specializzate in demolizioni, affrontano altri loro pari, in quello che non è più solo un gioco, ma che si trasforma in un feroce combattimento.

Immaginati un bivio, con biforcazioni decuplicate rispetto alle teste dell'Idra e immagina che ogni deviazione porti comunque alla stessa meta, seguendo solo percorsi diversi. Osservando dall'alto questo nuovo capolavoro grafico, pare di intravvedere una di quelle mappe care ai Michelin (non la cantante) con strade blu e linee rosse che convergono verso la nostra meta. Quella dell'immaginazione cosmica. Le Elegie dell'Ossobuco escono dal passepartout di una cucina freak, ridanno colore ad asettiche sale da pranzo che hanno perso la primordiale identità dadaista, fanno accomodare il tempo che fu e ricominciano a narrare una di quelle storie incredibili, prive di mostri, di sangue riversato a tutti i costi, di denti aguzzi o di copioni miserrimi tirati per le lunghe solo per riempire il calderone del tempo. Bedo la Mummia ( per dovere di cronaca si sappia che è fuggito dal Louvre. In caso doveste avvistarlo) conosce la raffinata arte dell'intrattenimento attraverso la narrazione. Quella di Verne e Flammarion resa poi tangibile e mobile dalle prime immagini proiettate dai fratelli Lumiere.

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