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SUL MIO CORPOL’estate ha la possibilità di essere paragonata a una sliding door, o per non dover per forza di cose utilizzare sempre un termine british, una porta girevole. Una volta varcata la soglia ci si trova  all’interno di una dimensione anelata per tutto il resto dell’anno. Caldo. Tranquillità, ozio che non viene giudicato ma condiviso. Panorami diversi da quelli cittadini e riscoperta di momenti di relax che spesso si lasciano accompagnare da una buona lettura. Ci sono libri che al termine del periodo vacanziero devono in tutta fretta iscriversi a corsi di nuoto o parapendio, visto che vengono lanciati in mare o gettati in un dirupo. Altri hanno la fortuna di vedere la propria metamorfosi tramutarli nelle fattezze di un gatto sornione e si accoccolano in valigia pronti per fare ritorno a casa. Uno di questi è Sul Mio Corpo, scritto dalla Dottoressa ( fa veramente il medico condotto a Sorisole ) Sonia Rottichieri e che è stato identificato come l’alternativa nostrana alla pietosa trilogia delle sfumature decisamente troppo note.

Le biografie, se non pubblicate post mortem, sono molto spesso un insieme di situazioni che finiscono con il suscitare il solo interesse di coloro che le hanno scritte e dei famigliari obbligati a leggerle. Peggio ancora quando l’autore non ha mai visto il proprio nome stampato a caratteri cubitali su qualche manifesto destinato a celebrarne la popolarità. Bene o male sono tutte uguali. Chi fa outing e butta dalla finestra dell’ultimo piano della propria esistenza tutti quei ricordi che hanno affollato gli spazi sempre più ristretti e oppressi da sogni che non si sono mai realizzati. Ci sono biografie che si travestono da atti testamentari e altre che vaneggiano su questioni destinate ai confessionali. Il limite massimo, però, è dato dal fatto che sono sempre libri incompiuti. La vita del narratore e dei personaggi chiamati al patibolo verbale non si arresta con il punto finale e quindi solo la cerchia dell’entourage famigliare riesce a sapere cosa è poi successo a Tizio e Caio che hanno avuto la sciagura di essere più volte nominati. Così non è per il lavoro di Paolo M. Spampatti.

L'araba fenice rinasce dalle proprie ceneri. La resurrezione di un uomo può avvenire anche attraverso verbi e aggettivi che costituiscono un cordame di parole a cui aggrapparsi per risalire il dirupo che aveva visto passare la discesa dell’animo. Ecco, questa potrebbe essere la prima chiave di lettura del romanzo autobiografico di Giordano Tomasoni; una scala da percorrere in entrambe le direzioni, per lasciarsi accompagnare per mano nel buio degli scantinati della depressione, sentendo il freddo, l’odore di chiuso e rumori di fondo che si mescolano alla paura, all'incapacità di riuscire a vedere un futuro e al desiderio di non voler più ripercorrere a ritroso i gradini che improvvisamente appaiono alti, invalicabili. La risalita, improvvisa, dolorosa e ripidissima, compare dopo che un colpo di scure violento ha squarciato il buio. L'ascia, come il cesello, la pialla, tutti arnesi che in una vita diversa Giordano utilizzava abitualmente ogni giorno.

copertinaUna caratteristica che distingue l'arte dalle altre forme di comunicazione è quella di identificare determinati aspetti attraverso un colore. Lo fece in primis Picasso ideando il periodo azzurro, lo seguì Tano Festa con il Viola. Nacquero i romanzi rosa e infine vi fù l'invenzione di Mondadori che battezzò con il Giallo quella serie di romanzi che narravano di fatti criminosi risolti oppure no. Il colore del sole è ancora oggi uno dei più gettonati in libreria, ma spesso si finisce con il trovarsi davanti pagine che hanno sbagliato candeggio e che si sono impiastricciate di tinte slavate. Così non è per la prima stesura di Le False Verità, opera caleidoscopica a firma di Aldo Villagrossi, con natali a Dalmine, trasmigrazioni piemontesi, matrimonio in terra Turca e continui spostamenti che lo hanno portato a raccogliere una serie di dati inspiegabilmente sconosciuti. Villagrossi ha nelle sue mani un carteggio che meriterebbe maggior visibilità. Prove certe e documentate che Evita Peron venne sepolta nel cimitero di Dalmine.

bambole di pezzaI libri si possono dividere in due categorie principali. Quelli che dobbiamo leggere, per accrescere la nostra cultura, approfondire aspetti che stiamo studiando o che ci stanno a cuore e quelli che dobbiamo assolutamente evitare. Il panorama letterario nazionale sta ampliando sempre di più il catalogo dei Best Ial, che non hanno nulla a che fare con i Best Sellers. Sono proprio delle bestialità sgrammaticate e prive di struttura narrativa. Costituiscono un ottima alternativa al gas metano e i fortunati possessori di caminetti o stufe a legna li possono utilizzare come elemento di accensione per il fuoco domestico. Nella prima categoria si dipartono invece numerosi piccoli rami che accrescono le fronde sempre piuttosto spoglie della buona letteratura. I margini di questo immaginario albero sono costituiti da libri che richiedono uno sforzo particolare. Bisogna essere capaci di rimanere in equilibrio su parole e concetti che fanno vacillare la nostra coscienza e che ci spingono a dondolare pericolosamente su bordi dove normalmente non vorremmo mai avvicinarci. Bambole di pezza, del bergamasco Antonio Regazzoni, è un colpo di scure piazzato con forza nel solido tronco.

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