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Le biografie, se non pubblicate post mortem, sono molto spesso un insieme di situazioni che finiscono con il suscitare il solo interesse di coloro che le hanno scritte e dei famigliari obbligati a leggerle. Peggio ancora quando l’autore non ha mai visto il proprio nome stampato a caratteri cubitali su qualche manifesto destinato a celebrarne la popolarità. Bene o male sono tutte uguali. Chi fa outing e butta dalla finestra dell’ultimo piano della propria esistenza tutti quei ricordi che hanno affollato gli spazi sempre più ristretti e oppressi da sogni che non si sono mai realizzati. Ci sono biografie che si travestono da atti testamentari e altre che vaneggiano su questioni destinate ai confessionali. Il limite massimo, però, è dato dal fatto che sono sempre libri incompiuti. La vita del narratore e dei personaggi chiamati al patibolo verbale non si arresta con il punto finale e quindi solo la cerchia dell’entourage famigliare riesce a sapere cosa è poi successo a Tizio e Caio che hanno avuto la sciagura di essere più volte nominati. Così non è per il lavoro di Paolo M. Spampatti.

Un vento caldo di fine agosto, scritto con la speranza di trovare un rimedio taumaturgico alle proprie insicurezze, si è trasformato senza saperlo in una macchina del tempo. Non ha navigatore satellitare il libro di Spampatti e quindi non ci porta a perlustrare luoghi da cartolina o paesaggi incantati, ma ci permette di ripercorrere le nostre vallate, di tornare a parcheggiare fuori da locali che hanno visto le scosse continue e alternate della nostra gioventù, di ricordare canzoni, suoni, profumi che il tempo e tante altre situazioni hanno cancellato.

Un bel tomo questo, segno che di cose da dire Paolo ne ha davvero tante. Un libro che si presenta pagina dopo pagina come una sorta di mercatino all’aperto dove chi si trova a incrociarlo lungo la propria via ha di solito il passo distratto o frettoloso di colui che non ha voglia di perdere tempo e poi finisce invece con l’essere catturato da un oggetto che non vedeva più da tanto, forse troppo tempo. Le parole di Paolo fanno bene. Danno la sensazione bellissima di tornare poco alla volta da dove erano partiti i nostri sogni. Raccontano una storia qualunque eppure così incredibilmente vicina a quella di chiunque sia disposto a mettere la freccia a destra e a accostare a bordo strada.

Per riprendere fiato. Per lasciare che la frenesia dei nostri tempi passi oltre. Paolo ha cercato attraverso un insieme di parole di curare la propria balbuzie. L’effetto è stato quello di far fare un bel respiro. Un apnea continua che lo ha portato a scendere nel suo personale oceano. Una volta risalito in superficie non ha trovato un mare in tempesta, ma centinaia di piccoli natanti che lo stavano solcando.

 

PAOLO M. UN VENTO CALDO DI FINE AGOSTO

di Paolo Spampatti

 

Per una buona lettura si consiglia di salire sul monte Farno con cestino in vimini da picnic, coperta da distendere sul prato e bottiglia di gassosa…..come si faceva una volta.

 

A cura di William Amighetti

 

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