La scrittura è rimasta l'unica forma di espressione artistica che non è mutata nel tempo. È cambiato il modo di dipingere e di scolpire. Non abbiamo più musicisti che si cimentano con partiture classiche, ma il modo di narrare è rimasto inalterato.
Penso che si stia verificando un particolare fenomeno: i moderni mezzi di comunicazione hanno esteso enormemente le possibilità nell’ambito della scrittura. Il mondo si trova ad essere pieno di aspiranti scrittori (me compreso), ma anche aspiranti giornalisti, politici e politologi, scienziati e, più in generale opinionisti, ansiosi di comunicare il proprio pensiero. Le potenzialità smisurate della rete e di tutti i mass media diffondono rapidamente le opinioni che raggiungono così un vasto pubblico. Ma questa potenza comunicativa non può in nessun modo modificare la qualità ed i contenuti dell’informazione. Si crea in questo modo una forbice, un divario, tra la scrittura di qualità e quella di quantità, incerta, zoppicante, qualche volta sgrammaticata. A volte è difficile trovare la “moderna scrittura” in un oceano di moderna comunicazione.
Quanto incide il proprio vissuto nella fase di imbastitura di un romanzo?
Nel mio caso ha inciso moltissimo. Ho attinto molto dalla mia vita, a tratti l’ho proprio trasposta sulle pagine. Forse, in qualche passaggio, ho pagato l’eccessivo coinvolgimento personale con una prosa tecnicamente meno efficace ma credo, spero, più sincera.
Lei studia medicina, la letteratura si sofferma maggiormente sulle fratture dell'animo che non su quelle ossee.
Tutti sappiamo cosa sia una frattura. Molti l’hanno provata, altri ne hanno solo visto una foto, su una lastra. Tanti ne ricordano il dolore. Nel complesso, quando pensiamo ad un osso rotto, ne abbiamo un concetto piuttosto chiaro. Simile per tutti.
Una frattura nell’animo è diversa per ognuno. Siamo ben lontani, tecnicamente, dal poter “fotografare” un’idea, un sentimento, un pensiero o una “ferita nell’animo”. E, da sempre, laddove non si conosce con la precisione della scienza, è l’arte a guidarci, letteratura compresa. E questo è veramente bello.
Il nostro paese necessità di una cura a livello culturale. Scrivono in tanti e leggono in pochi. Nascono come funghi case editrici e gli autori scelgono il self publishing.
Siamo (io compreso) abbastanza egocentrici. Ci piace un sacco raccontare, inventare, mentire, copiare, rubare parole, citare, attribuirci aforismi, battute, pensieri, meriti. Insomma vogliamo essere i protagonisti. La rete, il self publishing, le case editrici più o meno a pagamento esistono per assecondare questa nostra esigenza di sentirci “autori”. La possibilità di mettere le dita sulla tastiera è succosa e allettante, si rischia di incorrere in tentazione. Ci vuole molta saggezza per tenere a posto le mani. Personalmente, posso dire che non sono saggio e ho ceduto alla “succosa e allettante” tentazione di scrivere.
L'adolescente Pacchioni che cosa ha letto?
Nei primi due anni del liceo leggevo Stephen King e Italo Calvino. Non so perché questa accoppiata. Mi piacevano molto. Poi ricordo che per un anno non ho aperto un libro. Nulla. Non li sfogliavo nemmeno. Gli ultimi due anni di liceo ho ripreso a leggere abbastanza voracemente: Daniel Pennac, Irvine Welsh, Classici, un po’ di tutto. Poi, di nuovo, pausa, due anni senza toccare niente. Adesso ho ripreso a leggere con continuità, anche se non saprei dire fino a quando.
Facciamo il classico gioco della torre, c'è un qualche cosa che butteresti giù?
Lo so che sembra una risposta idiota ma butterei dalla torre tutte le certezze, quelle che sembrano antiproiettile, quelle su cui poggiano gli estremismi, quelle che fanno male al mondo. Terrei l’incertezza, quella che fa dubitare, riflettere, ritrattare.
Ora che ci penso non ne sono così sicuro.
E su di un immaginaria isola sperduta con quale libro, disco e persona vorresti poter vivere?
Porterei “Ecco la storia” di Pennac. Purtroppo questo libro non è piaciuto molto al pubblico di Pennac e ho paura che se non ne portassi una copia con me, al mio ritorno non lo troverei più.
Gommalacca di Battiato, perché ogni volta che lo ascolti sembra un disco nuovo.
Evey Hammond, protagonista femminile di “V per Vendetta”, graphic novel di Alan Moore. Un personaggio che mi ha sempre affascinato. Vorrei farle un sacco di domande.
PS: non posso negare che su questa scelta abbia pesato anche la bellezza di Natalie Portman, che l’ha interpretata nel film.
Io punto sull'accostamento gastronomico culturale. Un libro e un piatto da consigliare.....
Accosterei l’enigmatica complessità di forma e contenuti de “L’incanto del lotto 49” di T. Pynchon alla genuina semplicità di forma e fantastica amarezza di contenuto dei “Tortelli amari di Castel Goffredo”.
A cura di Wiliam Amighetti
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