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Bisognerebbe imporre un seminario di tortura, angherie e privazioni di ogni tipo a tutti coloro che continuano a ritenere necessaria la soppressione di popoli giudicati minori. Bisognerebbe obbligare i signori dell'informazione a renderla sempre multipla, facendo luce sui crimini commessi sia da chi attacca sia da chi dice che si sta solo difendendo e bisognerebbe ogni giorno, inginocchiarsi davanti ai bimbi che piango, per paura, per mancanza di cibo, della mamma, di tutto ciò che ognuno di noi considera necessario per vivere. Solo così potremmo porre fine alla follia che continua attraverso la guerra con l'unico scopo di annientare la razza umana. Non ci sono alieni che ci minacciano. C'è solo la stupidità, la più grande malattia che affligge l'uomo. Non il cancro. Ma l'idiozia sarà la responsabile dell'estinzione della nostra specie. Il virus continua a propagarsi. Se non fosse così, se l'antidoto fosse già stato isolato, allora non avremmo bisogno di ripercorrere il calvario della Shoa.

Non ci sarebbero giornate della memoria. Non dovremmo leggere libri che continua ad essere incontri impari di pugilato, dove la nostra coscienza, visibilmente sottopeso e priva di allenamento specifico, si fa massacrare sotto ai colpi di ciò che è successo. Le ultime voci dei superstiti continuano a riecheggiare. Quella di Elie Wiesel, premio Nobel, insigne professore universitario, è una delle più forti. Il fraseggio della "La Notte" dove vengono descritte le atrocità perpetrate a Buchenwald, è come un maglio che tenta di forgiare un arma che dovrebbe tagliare la testa dell'idra dell'odio. Eppure, nonostante i continui tentativi, esce sempre spuntata e benché brandita dalle buone intenzioni, mulina i suoi colpi nel vento. Elie Wiesel tiene conferenze, racconta tutto ciò che c'è nella Notte, le sofferenze. Le privazioni. Racconta continuando a non capire quale sia stata davvero la ragione che ha scatenato la più grande follia della storia umana. Racconta di ragazzi come lui, reclusi senza alcun motivo. Racconta della sua famiglia che morì e che venne cremata, finendo nel vento, o passata nel camino come il nostro immaginario collettivo è portato a visualizzare. Elie Wiesel è uno degli ultimi rimasti. Una sorta di dinosauro della memoria.

Bisognerebbe trovare il modo di conservarlo. Sotto formaldeide trovando il sistema per farlo parlare. Oppure bisognerebbe obbligare tutte le generazioni future a leggere i suoi scritti. L'obbligo nasconde in se una forma di oppressione, ma se necessario per la preservazione di quello che già ora è un difficilissimo equilibrio, allora facciamolo, oppure tutte le parole pronunciate dopo la fine delle atrocità saranno solo polvere nel vento.

 

La Notte di Elie Wiesel – ed. Guanda

 

A cura di William Amighetti

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