Quando vedo sugli scaffali delle librerie uno di quei piccoli rilegati, privi di discutibili scelte grafiche per accattivare l'occhio del compratore, ma fedeli alla linea monocromatica, riconosco il marchio di fabbrica di Adelphi e da subito so che a prescindere dalla tematica trattata, sono davanti ad un ottimo prodotto editoriale. Così come sono a conoscenza che se devo tinteggiare casa, se ho una gamba del tavolo sbilenca o non voglio sacrificare l'inserto culturale del quotidiano ocra, posso sembre attingere a casaccio dall'immenso catalogo di ciofeche che la Rizzoli propone. Ora, al netto di tutto ciò, quando con la massima prosopopea possibile è stata annunciata la nascita e la presentazione al fonte battesimale della Nave di Teseo, figlia di Eco e Sgarbi (Elisabetta... non l'ugulatore isterico), per un attimo ho pensato che la profezia si fosse avverata. Che un nuovo verbo cartaceo non bisunto si sarebbe manifestato indicando l'uscita del labirinto pseudo culturale che quotidiamente fagocita il marasma letterario italico.
Così, carico di entusiasmo ho cercato subito il sito internet, per poter scoprire le novità editoriali, per conoscere il progetto con la speranza di vedere le firme prestigiose di autori acclamati nell'elenco dei nuovi adepti. Ho trovato ciò che anche oggi oggi è stato riproposto in egual maniera. Il nulla. Non esiste sito. Non un link che rimandi alla possibilità di contattare la casa editrice. Non uno straccettino di notizia. Accetto di buon grado che la salumeria sotto casa non abbia una web page, ma trovo imbarazzante che chi si erge a nuovo catecumeno dell'informazione lo faccia a mani nude, senza offrire al lettore la possibilità di entrare a far parte della logica o presunta tale di una casa editrice che si prefigge come dogma quello di colmare un vuoto letterario sempre più vasto. Non ci è dato sapere quali siano gli autori, anche se per ovvie ragioni il Magnus Eco è al timone. Ciò che sappiamo è che l'emoticon che rappresenta il logo editoriale (dovrebbe stilizzare una nave sulle onde), potrebbe tranquillamente essere capovolto. Non c'è nulla di cui sorridere nemmeno questa volta.
Ancora di meno quando scorpiamo che il titolo di punta, candidato al premio Strega, è il nuovo romanzo di Elena Stancanelli, "La Femmina Nuda". Stroncato dalle recensioni ma sostenuto da articoli sul Pampleth Scalfariano (la Stancanelli guarda un po' firma alcuni capitelli). Pompato da giornalisti Rai. Esaltato da esperti ( uno dei nuovi lavori emersi con il job's act...non sai far nulla ma puoi sempre dire la tua...) incensato da critici interinali, ecco che anche quest'anno, gli amici del digestivo alle erbe candidano un altro roito. Ora, ci si lamenta della crisi che colpisce l'editoria e poi ci si riempie la bocca di mosche, esaltando romanzi che non esitono (Vero Signora N. Mondadori?), case editrici che manco si sa dove siano e ciofeche vergognose che il pubblicio non gradisce ma che gli amici degli amici sostengono a gran voce. Perchè siamo a questo ormai. Siamo lo specchio della nostra società. Qui conta solo chi conosce tizio o caio. Le centinai di Muzio Scevola non hanno più nemmeno le mani da alzare per segnalare il proprio dissenso. Qui, nella terra dei cachi, si va avanti solo a spintarelle, a bustarelle, a marachelle che restano impunite. Qui si può scrivere delle schifezze che verranno accettate da editor istruiti a comportarsi come scimmiette da circo. Ci si augura che almeno la carta sia un po' più morbida o che alle pompose presentazioni letterarie, come gadget, venga offerta la Pasta Fissan. Gli arrossamenti epidermici retrobaricentrici sono decisamente assicurati. Parafrasando P. Levi "se questo è un libro". Davvero mi chiedo, se questo è un libro.
A cura di William Amighetti
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