La parola è una forma di istinto primordiale. Il suono è una forma di richiamo, verso i nostri simili. Di allarme, per avvisarli di un imminente pericolo. È un canto o una nenia che appacifica i piccoli. È la trasposizione del nostro pensiero. Il mutismo è una patologia irreversibile, ma la forma di assenza di comunicazione peggiore è quella data dalle parole che possono risultare incomprensibili.
Quelle pronunciate da chi sta cercando di chiedere aiuto e si accorge che improvvisamente il proprio idioma è diventato incomprensibile. Impariamo a parlare e poi ci rendiamo conto che ciò che stiamo dicendo non viene ascoltato o si disperde in vortici di parole, suoni cacofonici che ammorbano tutto ciò che circonda il nostro essere. La depressione non è muta. Comunica, forse troppo a voce bassa.
Forse è per questo motivo che per farsi udire, spesso, cerca di dare risonanza a gesti eclatanti. Diversamente l’urlo diventerebbe inudibile. Questo potrebbe essere il senso dell’iperbole tracciata da giordano Tomasoni, autore prolifico, impegnatissimo in questa sua seconda vita che non rappresenta un senso di merce utilizzata e rimessa sul mercato dei buoni sentimenti con un forte sconto, così che possa essere acquistata, ma che si pone con un obbligo morale di voler far capire quali siano i suoni soffusi delle parole che la depressione pronuncia e che il mondo sordo continua a fingere di non voler udire.
Nessuno può davvero desiderare di voler morire. La bestia ipnotica che irretisce la mente è in grado di disegnare dentro alla nostra prospettiva degli scenari che paiono idilliaci, mentre in realtà sono solo dei fondali di scena malmessi, che nascondono delle quinte dove il vuoto, la solitudine, la disperazione recitano la parte dei protagonisti assoluti. Giordano Tomasoni non urla. Ha trovato il modo di farsi udire senza necessariamente dover alzare la voce.
Scrive. Così che ognuno dei suoi, sempre più lettori, dia il giusto volume a quelle che sono delle parole che tutti, prima o poi, dovrebbero leggere. Il desiderio di morire è una sorta di istruzioni per l’uso. Il Bugiardino di una medicina tanto amara quanto necessaria e ci sono scritti tutti gli effetti collaterali. C’è tutta la paura e la voglia di rinascere. Ci sono i dubbi mitigati poi dalle certezze. C’è la realtà. Ci sono i timori di un uomo che si scopre Pollicino e non gigante come invece tutti coloro che lo hanno conosciuto nella sua prima vita erano abituati a pensare potesse essere.
Non sappiamo cosa ci sia davvero oltre al muro immaginato da Sant'Agostino. Nessuno è tornato da lì. Chi è riuscito a dare una fugace sbirciata ci racconta quanto sia importante mantenersi alla larga. Ci parla di una vita, l’unica che abbiamo, che deve essere apprezzata, sino in fondo. Lo fa utilizzando le parole. Quelle che spesso abbiamo dimenticato e che dovremmo ricominciare ad imparare a memoria.
Il bisogno di morire di Giordano Tomasoni.
A cura di William Amighetti
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