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gli anni al contrarioL’unica cosa certa che si può dire a proposito di un proiettile, è che la sua traiettoria sarà sempre una linea retta. Non ha occhi per schivare chi malauguratamente si dovesse trovare lungo la linea di tiro. Non ha orecchie e non ha cuore. I sensi appartengono a chi esplode il colpo, ma negli anni settanta, molti fra coloro che impugnavano un arma, senza rendersene conto, avevano buchi profondi dentro alla propria coscienza. Ferite non causate da spari, ma dalle continue detonazioni di una società che stava cambiando troppo in fretta e che piallava anche con la violenza tutto ciò che ostacolava il cammino.

Gli altri buchi erano quelli cantati da Venditti. Si vedevano a malapena sulla pelle di chi sostituiva al revolver la siringa. Negli “Anni al contrario”, di Nadia Terranova, geniale scrittrice Siciliana, che andrebbe maggiormente promozionata ( quante volte ho speso buone parole su questa rubrica per un autore? … se non erro lo faccio una volta all’anno), c’è quello che le giovani generazioni non hanno vissuto. C’è la rabbia e la contestazione, c’è la divisione delle classi sociali che contrasta con l’uniformità attuale. C’è il senso di inadeguatezza.

C’è una forma di comunicazione che oggi sfugge, perché per organizzare, pianificare, una gita fuori porta o una bomba da far brillare, le persone si dovevano in primis incontrare e poi dovevano parlare. La differenza con ciò che noi siamo stati qualche decennio fa e con la società odierna è data non dalla rabbia ma dalla sua canalizzazione in dialogo.

Terranova da voce ai suoi personaggi. Sembra quasi che ti urlino in faccia per far si che l’eco delle parole che costituivano gli slogan di allora non vada disperso. In tutto questo parapiglia c’è l’amore che a differenza delle rette orizzontali di un proiettile, disegna nel corso della vita continui saliscendi, simili a quelli che misurano la frequenza cardiaca e il cuore di aurora e Giovanni disegna degli arabeschi, con picchi e improvvise discese. Le pagine che leggiamo sono quelle che ci riportano alla memoria l’idea che un altro mondo fosse possibile.

Ci ricordano di quando urlammo, dando voce anche ai pensieri di padri che avrebbero voluto dire ma che erano stati ammaestrati dalla convenienza e dalla dottrina e che muti subivano e che defilati ci guardavano reclamare quello che era il sacrosanto diritto di voler vivere da uomini liberi. Aurora Silini, figlia del fascistissimo ( così lo definisce lei ) si rende conto che il fiume della vita lambisce due rive e decide di guadare  e di risalire la sponda che le si para di fronte, quella dove vive Giovanni, destinato a proseguire la tradizione di famiglia, che nulla ha di rivoluzionario e che poi invece cercherà di ritagliarsi un ruolo in quella che lentamente risulterà una rivoluzione d’argilla. È un romanzo bellissimo. Di riflessione.

Non va letto sotto all’ombrellone, ma declinato ad alta voce perché le coscienze tutte si smuovano dalla sordità che le ammorba. Serve a questo la letteratura. Non di certo a risvegliare pruriti più o meno sfumati.

 

Nadia Terranova – Gli anni al contrario

Nelle pause di lettura si consiglia di ascoltare CSN & Y. Almost cut my hair

Cercate al mercatino delle pulci un vecchio Eskimo e magari una lunga sciarpa grigia

A cura di William Amighetti

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