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La FerociaL'alcolismo è una piaga sociale presente in tutti i paesi industrializzati e non. I distillati di acquavite erano utilizzati in passato per instupidire le popolazioni che si contrapponevano ai tentativi di conquista, perlopiù perpetrati da Ungentleman anglosassoni al servizio di Sua maestà Imperiali e devoti servi della pinta di birra. In chiave moderna esiste purtroppo una forma di alcolismo letterario, diviso in due gradazioni ben distinte.

Quello dove gli autori dimostrano che il commercio di assenzio sia ancora oggi privo di regolamentazione, così che in molti si ritrovano a scrivere strafalcioni cosmici e quello più raffinato, dove tenutari di vigne letterarie dimostrano come siano avvezzi al gargarismo lessicale con la bocca colma di mosto. Nel secondo caso la piaga sociale si dimostra maggiormente pericolosa rispetto al primo problema esposto. Così, anche quest’anno, i non amici della domenica, si sono riuniti ancora una volta per decretare chi potesse far parte della cinquina dei finalisti del premio Strega, inteso proprio come liquore e non come fattucchiera.

Non ci è dato sapere se l’iniziazione al ruolo di giurato avvenga dopo che il candidato ha dimostrato di poter tracannare sottofiato un intera Magnum del liquore beneventano. Certo è che l’assegnazione del premio più famoso nella nostra penisola, quest’anno ha lasciato davvero basiti tutti coloro che avevano tentato di leggere il libro di Nicola Lagioia "La Ferocia". Definito dai più una prova degna delle fatiche di Ercole, catalogato dal London Dungeon, il museo degli orrori londinese che ha chiesto di poter esporre una copia, rigorosamente capovolta, per non impressionare troppo i visitatori, confinato negli inferi dalla commissione dell’accademia della Crusca per vilipendio della lingua Italiana, il libercolo di Lagioia ha contribuito ad alzare il livello dell’asticella nelle prove olimpiche di salto dell’indecenza e della vergogna. Specialità questa dove i barcollanti amici della domenica (il gruppo dei giurati del premio Strega) ormai primeggiano da anni.

Perché dopo aver assegnato la bottiglia millesimata a Melania Mazzucco, che aveva copiato vergognosamente alcuni passaggi da "Guerra e Pace" dopo che esimie comunità di recupero sulle dipendenze avevano ipotizzato di intervenire a seguito dell’assegnazione del premio a Valter Siti e fingendo di non ricordare lo sdegno con cui il collettivo facente capo a Luther Blisset, autore di Q. rifiutò di partecipare alla serata finale, definendo l’anonima alcolisti campana una società più collusa che non la giuria di San Remo, ecco che i cari beoni anche quest’anno sono riusciti a imporre l’assegnazione del premio a uno scriba che sino a ieri non aveva ricevuto elogio alcuno. Interessante notare come lo pseudo romanzo sia stato attaccato su ogni rivista, in un fuoco incrociato bipartisan che ha cercato in ogni modo di affondare quello che da subito pareva dover essere candidato al ruolo di relitto letterario.

Invece Lagioia ha vinto. Incurante delle critiche, schermato contro chi chiedeva di potersi costituire parte civile per violenze lessicali subite dalla nostra lingua. Insomma, ancora una volta i famosi amici hanno chiosato chiedendo che il tutto finisse a tarallucci e vino, pardon, e liquore. Lo scalcinato premio ci presenta il solito bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno. Turandoci il naso cerchiamo di vederlo prossimo alla fine.

 

La Ferocia di Nicola Lagioia. Ed Einaudi

Prezzo e pagine: eccessivi

 

Per un qualsiasi tentativo di lettura si consiglia di farsi immobilizzare con una camicia di forza. Indossare una maschera anticannibalismo e prenotare una serie di sedute presso un qualsiasi centro di igiene mentale.

Ricordatevi che per la pubblicazione di questo obbrobrio sono stati abbattuti inutilmente migliaia di alberi.   

 

A cura di William Amighetti

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