La geografia verbale è una scienza inesistente che permette con sofisticati strumenti, realizzati appositamente dalla fantasia, di misurare l’altezza o la profondità delle parole. Le quote che vengono registrate superano di gran lunga i limiti conosciuti, così che scopriamo come vi siano aggettivi che salgono sopra alla cima dell’Everest e riflessioni che scendono su fondali dove nemmeno il Nautilus potrebbe spingersi. Credo che in un immaginaria cordata o in una esplorazione marina, la carenza di ossigeno potrebbe essere sopperita dalla molecola dell’amicizia. Le pagine del romanzo biografico dedicato a Roby Piantoni ne sono decisamente cariche e restituiscono a tutti coloro che hanno avuto l’immenso piacere di poterlo conoscere, una figura bellissima, eternamente semplice e fanciullesca e carica di sogni. Gli stessi che l’alpinista Colerese viveva ogni giorno e che cercava di seminare ovunque.
Il romanzo si snoda lungo tutto il cammino dell’intensa vita di Roby. Descrive un infanzia semplice e accompagna il lettore nelle prime esplorazioni effettuate all’ombra della Nord della Presolana. Riporta al centro dei pensieri una figura che sognava di poter aiutare le persone, di poter donare un sorriso, di poter compiere gesta che avrebbero lasciato un segno e una traccia. La fantasia rimane il cibo preferito dalla mente. I bambini la nutrono attraverso le favole e gli adulti continuano ad alimentarla cercando di vivere ad occhi aperti i sogni che sino da piccoli cercavano di inseguire.
Ecco, l’avventurosa vita di Roby è il sunto di questo assioma. La capacità di trasformare in realtà quelle che erano delle immagini lontane che gli occhi infantili non riuscivano ancora a mettere correttamente a fuoco. Il segreto dell’alchimia che sfuggi a Mida e che permette oggi, a pochissimi, di trasformare un desiderio in oro. Il lungo cammino intrapreso da bambino, sul sentiero delle Orobie, ha portato l’alpinista Scalvino sulle vette Himalayane. Ha fatto sì che la sua ombra potesse correre libera fra la gente di villaggi che lo vedevano arrivare, carico di gioia, di voglia di fare, di speranze.
Il romanzo viene impreziosito da ricordi di amici che hanno condiviso con lui scalate e momenti di riflessione. Traccia una figura atipica rispetto a quella presente nei classici racconti di montagna, perché ci permette di passare ancora del tempo insieme alla piacevole compagnia di un uomo che non voleva allungare il passo per distanziare il suo io piccolo, ma che anzi, rallentava così da poterlo avere sempre al proprio fianco. Non contagiato dalla sindrome di Peter Pan, ma lucido e consapevole che uno degli errori più grandi che l’uomo può fare è quello di abbandonare lungo il proprio cammino la spensieratezza e l’innocenza che riempiono i piccoli zaini dei bambini.
È un romanzo che parla di vita e di amicizia. Di amore, di coraggio, di onestà e di gioia nel voler vivere ogni giorno della nostra esistenza rendendosi conto di che grande dono sia il poter dire a se stessi di avere vissuto.
In cammino con l’Io Piccolo. di Viliam Antonio Amighetti ed. HENGE
Presentazione lunedì 1 giugno alle 20.30 a Colere presso il Pala Colere