Più veloce della luce è solo la mente. E subito dopo aver raggiunto il luogo che un nanosecondo prima si stava immaginando, ecco che viene raggiunta dalla reminescenza dell’olfatto e poi da quella dell’udito. Le leggi della fisica andrebbero riviste se misurate con le metriche della letteratura. Così, senza bisogno di salire su di un volo low cost, riusciamo leggendo pochissime righe a visualizzare noi stessi seduti in Piazza del Plebiscito, mentre l’odore del mare risale e si intrufola nei vicoli, mentre il vocio di donne e bambini rimbalza e riempie una di quelle giornate di sole che a Napoli rappresentano un marchio di fabbrica. E camminando con passo calmo, possiamo ammirare tutte le bellezze di una città che a noi orobici pare sempre così lontana, inaccessibile e fiera. Possiamo entrare nel bar di Peppe, perché c’è sempre un Peppe a Napoli, e possiamo bere na tazzariella u caffè, perché c’è sempre un caffè da bere e possiamo sentire il profumo delle paste, i messali sulla prossima partita di calcio, i ricordi di un teatro che oggi non c’è più e un insieme di idee che solo qui e da nessuna altra parte sembrano poter avere un senso. Forse l’ambientazione non è fra le più originali.
La scrittura di un romanzo che prende vita attraverso l’osservazione dei commensali del bar è già stata narrata da Cuomo (ops, strano come il cognome sia decisamente partenopeo) in Piccola Osteria senza parole, ma il dettaglio con cui Maurizio De Giovanni ci apre le porte del suo Bar è decisamente impagabile. Qui c’è il Sud. Quello che noi non conosciamo ma di cui vorremmo sapere sempre di più. Qui c’è la veracità. Qui c’’è tutta la voglia di riscatto di una città che passa la settimana aspettando che sia ancora domenica, che lo stadio San Paolo si riempia e che la bolgia umana possa scaricare con un urlo di gioia tutta la rabbia repressa per un qualche cosa che dovrebbe essere e che invece non lo è mai. De Giovanni è l’AUTORE.
Tutto in maiuscolo, perché se a Napoli vi è la libera interpretazione dei cavilli, ecco che allora mi associo e scelgo di maiuscolare chi dopo tanto tempo è riuscito a farmi emozionare. Mi annoia la critica esterofila, che vede sempre nel romanzo del vicino (in senso geografico) un qualche cosa di migliore. Noi abbiamo grandi autori e il nostro Professore in Napologia è uno di questi. Nei giorni scorsi, un mademoiselle dal pennino ricurvo lo ha accusato di provincialismo.
Lo scrittore ha risposto dicendo di avere la fortuna di poter ambientare le sue storie nel posto più bello del mondo! E quando la giornalista lo provoca stizzita chiedendogli in cosa Napoli sarebbe più bella di Parigi, De Giovanni risponde così : «Vede, signora, è semplice, Parigi, che è splendida, l'hanno fatta gli uomini; Napoli l'ha fatta Dio.». Il Resto della Settimana è un romanzo che non parla di calcio, senza però smettere mai di farlo. È un romanzo che parla d’amore e ci si accorge alla fine che questa parola è fra le meno utilizzate in tutta la sua stesura.
IL RESTO DELLA SETTIMANA – di Maurizio De Giovanni
A cura di William Amighetti
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