Ci sono diverse forme di male in letteratura e cinematografia. Quella intesa come entità, quindi il demonio e tutte le sue declinazioni, vampiri compresi, che ultimamente poi risulta risibile per il tentativo di voler far credere come il maligno possa essere una sorta di simpatico vicino di casa con cui conversare e perché no, magari anche farci una grigliatina e poi quella intesa come dolore, malessere fisico o psichico. Se nel primo caso il botteghino fa sempre sold out, con file di adolescenti che si azzannano fra di loro per potersi accaparrare i posti migliori così da vedere Teenager che si tramutano in pipistrelli, ecco che invece la letteratura non riscuote lo stesso successo.
I libri su vampiri restano appesi a testa in giù sugli scaffali ( anche se il marketing cerca di farci credere il contrario ) e non vedono la luce del sole quelli che narrano di fobie, psicopatologie della vita quotidiana (Freud docet) o malattie incurabili. Ne sa qualche cosa Marco Venturino, che poteva scegliere di lavorare nell’azienda di famiglia e che invece ha deciso prima di fare l’anestesista e poi di cimentarsi nella scrittura traducendo si carta ciò che sino a quel momento era stato il suo vissuto, impersonificandosi però nelle vesti del malato. Un bello sdoppiamento di ruolo e di personalità che lo ha portato ad essere un malato, allo stato terminale, completamente sconnesso dal mondo circostante.
L’alter ego proposto appartiene invece alla realtà quotidiana di Venturino e quindi l’attore non protagonista del romanzo diventa un medico alle prime armi che si trova a gestire la complicata situazione di un paziente , il pesce rosso appunto, vittima di un intervento malriuscito condotto dal luminare di chirurgia con l’attitudine al bisturi facile. Ci sono entrambi i drammi che si intrecciano. Quello di un uomo che sente il suo distacco dalla vita senza riuscire a testimoniarlo e quello del medico che non riesce a farsi una ragione per il fatto che non è in grado di curare e quindi di mettere in atto ciò per cui ha studiato. Romanzo di rottura, destinato a far riflettere sia coloro che hanno marginalmente udito le vicende di malati abbandonati alla deriva del loro destino, sia per coloro che da naufraghi sugli atolli della malattia hanno finalmente visto al largo una nave che era riuscita a captare il loro segnale di S.O.S.
Il male si manifesta sotto molteplici forme. Nel libro di Venturino è silente, come le serpi, capace di strisciare alle spalle e colpire subdolo, senza alcun preavviso. La riflessione deve essere invece vista metaforicamente come una campana che richiami le coscienze e le porti uniti sulla piazza a confrontarsi per testimoniare che la prima forma di cura verso colui che soffre è l’esilio dell’indifferenza.
COSA SOGNANO I PESCI ROSSI di Marco Venturino
Edizioni Mondadori 239 pagine
Per una buona lettura si consiglia:
Tisana a due sapori, cannella e zenzero
Panbiscotto e confettura di more
Scherry di Cornovaglia
A cura di William Amighetti
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