ATTENZIONE: Copia a scopo dimostrativo, alcuni elementi potrebbero non funzionare.

In botanica, la radice dell’ovvio non è censita nell’elenco delle piante tossiche. Pianta ad alto fusto, cresce in ogni condizione climatica e attecchisce su ogni terreno della nostra penisola. Il suo legname non ha il potere del faggio. Non riscalda, serve perlopiù per far partire la prima fiamma e in assenza di ceppi migliori spesso finisce con l’alimentare fuochi che producono asfissianti fumi etimologici. 

Ai piedi della Presolana, si muove da tempo una figura che potrebbe tranquillamente essere vista come la proiezione di uno di quei boscaioli dell’Oregon che fanno comparsa nelle pellicole americane dove si raccontano storie di uomini e donne che si amano con camicie di flanella a quadri indossate come una bandiera, cani festanti che corrono in giardini sconfinati e boschi, immensi, dove i grandi tronchi dell’ovvietà sono stati abbattuti da tempo. Strano descrivere così un lungagnone brianzolo che da tempo ha fatto della nostra valle il suo nido dove ha possibilità di spiccare voli non pindarici ma concreti che lo portano ad esplorare dall’alto una toponomastica spesso nascosta.

Davide Sapienza è un'autore che ha creato uno stile misto fra il decoupage verbale e l’intarsio poetico. Si è fatto spazio, senza sgomitare più di tanto, in un contesto rigido, dove le letture ovvie, silenti, stavano iniziando a invadere i boschi delle parole buone. Ha radunato attorno al suo fuoco la musica che è stata la prima compagna di viaggio, la capacità di descrivere con minuzia di particolari i dettagli che spesso l’occhio umano non riesce più a vedere. Ha chiesto ai personaggi dei racconti che hanno segnato la sua crescita culturale di seguirlo, ha creato un gruppo di giovani marmotte, desiderose di salire e scendere da sentieri che molti di noi avevano forse percorso solo un paio di volte e ha iniziato a esplorare, curiosando in ogni anfratto, fiutando come un cane lupo alla ricerca di una pista da seguire e trascinando la sua slitta su piste che spesso erano prive di traccia. 

La musica della neve copre con il suo ossimoro i rami dell’ovvietà e spinge il lettore a capire ciò che spesso non viene tenuto in considerazione. Siamo troppo abituati a dare per scontato che ciò che ci circonda sia frutto di un anormalità che non andiamo mai a sindacare. Non ci si chiede da dove venga la neve. La si guarda distrattamente cadere. La si appallottola quando si è piccoli, la si spala quando si è più grandicelli e si finisce con imprecare quando rende i nostri passi instabili. Davide, il clone boscaiolo, ha posato l’ascia e ha costruito pupazzi verbali seguendo la tradizione Inuit che identificano decine di tipi di neve diversi. Si è inventato il ruolo di allevatore di fiocchi, domandone le bizze e insegnando a ognuno di loro a scendere seguendo un percorso preciso, perché usando un altro ossimoro, la neve sa scaldare il cuore e il libro che ci ricorda quali sono le nostre origini montane ha nella sua struttura anche questo.

Poche pagine, meno di cento, cariche di significato e di stimoli che portano il lettore a lasciare il libro sul comodino per lungo tempo, per rileggere di tanto in tanto le pagine di una storia che leggera si è posata sul nostro cammino e ha chiesto alle nostre impronte di imprimersi. Un buon lavoro. Un buon biglietto da visita per coloro che vorranno continuare a seguire il progetto verbale naturalista che un autore ormai con radici profonde anche nella nostra terra sta cercando di espandere.

 

LA MUSICA DELLA NEVE

di Davide Sapienza

Ediciclo edizioni, 2011 ISBN 9788865490341

 

Per una buona lettura si consiglia

Bertù con ripieno di tartufo

Stufato d’asina e polenta con farina bramata

Bicchiere di Forestò o Satiro 

 

A cura di William Amighetti 

 

SCRIVI A Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

WEB TV