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All’interno del parco regionale del Conero un veicolo investe un cinghiale sulla Strada Provinciale. Il proprietario dell’autovettura conviene dinanzi al Giudice di pace di Ancona l'ente Parco chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza del sinistro. Il Giudice di pace accoglie la domanda nel 2008, ritenendo in colpa l'ente parco per non avere "abbattuto o sradicato" i cinghiali, così favorendole la "permanente riproduzione". 

A seguire il Tribunale di Ancona rigetta l'appello ritenendo che:

- all'Ente parco competevano i poteri di controllo della fauna selvatica

- l'Ente aveva riconosciuto la propria responsabilità per iscritto

- il luogo del sinistro era risultato frequentato da un numero "eccessivo" di animali "tale da costituire un vero e proprio pericolo per gli utenti della strada"

- l'ente parco non aveva adottato alcuna misura concreta per prevenire incidenti

La sentenza d'appello viene impugnata per cassazione dall'Ente. Quest’ultimo innanzi alla Corte sostiene di aver dimostrato l’effettiva esecuzione di abbattimenti programmati e l’installazione dei segnali di pericolo, evidenziando altresì che lo spostamento di animali in un parco è fatto imprevedibile e non controllabile. Il Tribunale, afferma la Corte di Cassazione, ha ritenuto sussistere la responsabilità dell'Ente poichè:

- il punto del sinistro era "abitualmente frequentato da animali selvatici"

- era stato teatro di precedenti incidenti e rappresentava un pericolo per gli utenti della strada

queste circostanze avrebbero dovuto allertare l'ente, inducendolo ad adottare misure di sicurezza quali la recinzione.

Il Tribunale, dunque, ha ravvisato la colpa dell'Ente parco nel non avere preveduto e prevenuto un evento ritenuto prevedibile e prevenibile. Tale affermazione è corretta in diritto, poichè l'essenza della colpa civile ex art. 2043 c.c., consiste proprio nella prevedibilità dell'evento di danno.

L’Ente ha altresì obiettato che il potere di adottare misure organizzative, di segnalazione e di intervento per prevenire il pericolo spettava alla provincia e non all’ente, cui è attribuita una funzione programmatoria, ma l’eccezione è stata respinta dalla Corte, ritenendo, nuovamente, che il sinistro fosse prevedibile e prevenibile.

Ulteriormente, l’Ente ha rilevato che le misure indicate dal Giudice di merito per prevenire il sinistro (abbattimenti, recinzioni, segnaletica), sarebbero comunque state inefficaci per evitare l’evento, o impossibili da attuare: gli abbattimenti sarebbero stati impossibili perché vietati, le recinzioni parimenti poichè la strada provinciale non è di proprietà del parco e comunque non si poteva costruire una recinzione su una strada intera e, infine, la segnaletica di pericolo era esistente. Tali eccezioni tuttavia concernono valutazioni di fatto, sottratte alla Corte di cassazione quando supportate, come nel caso specifico, da adeguata motivazione.

Un ultimo particolare e curioso rilievo della presente vicenda è che ad avviso della Corte non possono farsi rientrare nella nozione di fatto notorio ex art. 115 c.p.c. le attitudini e le caratteristiche comportamentali dei cinghiali, nella fattispecie la capacità di scardinare le recinzioni: in buona sostanza, ad avviso della Corte tale abilità dell’animale (fatto che avrebbe salvato il parco dalla condanna) non rientra nelle nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza.

Per tutti questi motivi, la Cassazione (Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-02-2016, n. 2510) ha rigettato l’appello dell’ente parco confermandone la condanna al risarcimento dell’automobilista.

 

Rubrica a cura dell’avv. Stefano Savoldelli del foro di Bergamo.

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