Correva l’anno 1991 quando, in provincia di Reggio Calabria, un uomo, nell’attraversare la strada senza utilizzare le strisce pedonali, veniva mortalmente investito da un’autovettura. Era accaduto che l’uomo, pur avendo scorto l’auto prima di attraversare la strada, aveva ritenuto che non stesse sopraggiungendo a velocità elevata, consentendogli quindi di attraversare senza problemi.
I parenti dell’uomo, decisi ad ottenere un risarcimento per danni patrimoniali e morali per la morte del congiunto, citarono in giudizio il conducente dell’autovettura il quale, a sua volta, chiamò in causa la compagnia di assicurazioni presso cui il veicolo risultava assicurato. In primo grado, il Tribunale di Reggio Calabria riconobbe l’esclusiva responsabilità del conducente l’autovettura sulla base di quanto previsto dall’art. 2054 c.c., a mente del quale “il conducente di un autoveicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”. Ricorrendo in appello i soccombenti eccepirono il fatto che l’uomo dovesse ritenersi quanto meno corresponsabile dell’accaduto, per aver attraversato la strada all’improvviso e senza utilizzo delle strisce pedonali.
La Corte d’appello di Reggio Calabria accolse l’eccezione. Si giunse quindi in Cassazione. Da un lato i parenti dell’uomo sostennero che non vi fossero elementi per ritenere imprudente la condotta del congiunto e che, se anche il conducente avesse potuto evitare con manovra d’emergenza l’investimento, ciò non era comunque circostanza sufficiente a superare la presunzione di responsabilità ex art 2054 c.c. Dall’altro lato i resistenti affermarono che il conducente non poteva essere ritenuto responsabile per non aver saputo porre in essere una manovra di emergenza.
Ebbene, la Corte di Cassazione (sentenza 1135/2015) rilevò che il pedone attraversò all’improvviso la strada, senza utilizzo delle strisce, sulla base di un’errata valutazione in ordine alla velocità dell’autovettura che sopraggiungeva e che tuttavia, al contempo, il conducente dell’autovettura non aveva dimostrato di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.
Morale della favola: secondo la Corte di Cassazione sussiste nel caso di specie un concorso di colpa tra investito ed investitore. Ritiene infatti la Corte che in casi di tal natura, onde superare la presunzione di responsabilità del conducente ex art. 2054 c.c., la ricostruzione delle modalità di svolgimento del fatto debbano e possano essere valutate con massima attenzione, ovvero indagando la condotta dei singoli soggetti coinvolti, l’accertamento e la gradazione della colpa, l’esistenza o l’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei soggetti e l’evento dannoso.
Per la cronaca, il processo iniziò negli anni novanta ed è giunto a conclusione nell’ottobre 2014.
Rubrica a cura dell’avv. Stefano Savoldelli del foro di Bergamo
Per pareri, richieste ed informazioni potete scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.