La legge le darà anche torto ma a volte il buon senso dovrebbe superare i cavilli burocratici in favore di una vita dignitosa anche per chi è stato sfortunato. La storia che vi sto raccontando è quella che ho ascoltato questa mattina dalla protagonista stessa, Angela, residente a Nembro con uno sfratto esecutivo alle calcagna. Domani infatti, mercoledì 18 settembre, un pubblico ufficiale si recherà a casa sua in via Germano Sora a Nembro, per sfrattare lei e i suoi due figli. Ma facciamo un passo indietro. Angela di Leo ha 44 anni, è nata in provincia di Milano e ha avuto una vita travagliata in giro per l’Italia; ha 3 figli, Lucia, Antonio e Gianluca ed è divorziata dal marito. La figlia Lucia di 25 anni è affetta dalla sindrome di down e Angela risulta invalida al 100% e inabilitata al lavoro in seguito ad un cancro e a diverse operazioni. Sta di fatto che in mezzo al dolore e alla violenze subite, ad un certo punto Angela ha trovato un angelo custode, un uomo di Nembro conosciuto su facebook, di mezz’età che abita nella sua stessa palazzina e che, forse con la volontà di conquistarla, le aveva promesso mari e monti dandole in usufrutto la sua casa dove Angela risiede tutt’oggi. La beffa però era dietro l’angolo: il contratto firmato da Angela a luglio 2012, non è risultato infatti una scrittura privata ma un contratto d’affitto. Così, quando Angela non è più sottostata ai ricatti dell’uomo, lui le ha mandato lo sfratto per morosità nei pagamenti; pagamenti che lei, a parole, non avrebbe dovuto fare. Le cose si complicano perché la casa dove risiede Angela è intestata al genero di questa persona per cui né il Comune, né gli assistenti sociali, tantomeno il giudice hanno potuto fare niente. “Io mi sono fidata – mi racconta commossa Angela – ero debole e quest’uomo se n’è approfittato della mia debolezza. Pensava di comprarmi con le cose materiali ma quando non sono scesa a compromessi si è dimostrato per quello che è. Io sono disposta a pagare l’affitto in base alle mie possibilità ma non sono disposta ad essere buttata in mezzo ad una strada con una figlia down e un figlio di 14 anni. Per me nessuno ha fatto niente, dal sindaco all’assistente sociale, se ne sono proprio fregati. Inoltre non posso fare richiesta per la casa popolare perché non ho la residenza da 5 anni, mi sento trattata peggio di un’extracomunitaria”. Angela vive con la pensione della figlia di 770 euro e con la sua di 288 euro e non può più lavorare. Quello che chiede non è un favoritismo ma la possibilità di non lasciare la casa dove si è stabilita con i figli dal luglio dell’anno scorso; lei inoltre non ha l’automobile ed è tutt’ora in cura a Bergamo, quindi ha bisogno di un’abitazione vicina ai mezzi pubblici. “Non chiedo niente di più che essere trattata con dignità – conclude Angela – cosa farò domani? Cosa dirò ai miei figli? Vorrei un avvocato che mi difendesse davvero invece che pensare solo a prendere i soldi dello stato. Il contratto d’affitto che mi avevano fatto firmare ha una validità di 4 anni quindi non possono buttarmi fuori così su due piedi: io voglio pagare e restare qui. Non sono della zona, non conosco nessuno e in queste condizioni di salute non posso affrontare un altro trasloco. Se qualcuno può aiutarci gliene sarò riconoscente a vita”. Mentre me ne vado Lucia mi saluta col sorriso: non sanno cosa ne sarà di loro da domani ma sono uniti nel non mollare. Una vera lezione di dignità. (Gessica Costanzo)
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