Se facciamo un salto nel tempo e torniamo a quando eravamo bambini (un desiderio che almeno una volta nella vita accomuna tutti gli adulti) potremo rivederci con il capo chino mentre cerchiamo di assimilare i primi rudimenti della lettura. Non abbiamo nelle mani uno dei classici che successivamente prenderà posto nella nostra libreria, bensì un fumetto, perché ancora non ci è chiara la strategia per trasformare in immagini interi periodi e il nostro bisogno infantile chiede che le parole vengano descritte. Siamo prima figli di Topolino e poi dopo, forse, anche di Zanna Bianca. Siamo stati supereroi con tanto di mantello e maschera di stoffa prima di credere di poter diventare eroi domestici per salvare donzelle. A colpi di Sob, di Gulp e di bla,bla bla, abbiamo descritto le nostre emozioni, salvo poi sentirci dei bipedi eruditi, con un lessico che non era più ecolalico. Oggi ci troviamo ad osservare l’evoluzione del nostro sapere in maniera interlocutoria. Gli immensi scaffali delle librerie, hanno fatto richiesta di condono, per l’improvviso ampliamento resosi necessario dal ritorno in auge del romanzo grafico. Uno di questi, Quaderni Ucraini, di Igort, lo si trova posizionato in uno spazio che deve essere definito con un termine appartenente allo scorso secolo. Valico di dogana.
Perché non è solo uno splendido libro a fumetti e non è ovviamente un romanzo nel puro senso della definizione usuale. È una garitta, dove colui che intende passare oltre deve dichiarare il motivo del suo viaggio, senza timore di essere fermato. Chi invece fa ritorno dopo avere letto l’ultima pagina si troverà a compiere gesti che appartengono a noi viaggiatori non del tempo ma degli sterminati spazi del nostro continenti, con passaporti pregni di timbri e cartoline e souvenir a testimoniare il nostro peregrinare. Ci veniva chiesto di aprire il baule della macchina e di permettere una rapida ispezione agli ufficiali di frontiera. Se ancora fossero lì, troverebbero i nostri sentimenti. Quelli che Igort è riuscito a disegnare, dandogli forma, colore, dimensione.
Facendoli diventare curiosi e ciarlieri, perché in una terra dove una parola di troppo può costituire un valido motivo per la reclusione, ecco che i personaggi di quaderni Ucraini sentono il bisogno di dire. Di fare sapere che cosa è stato della loro vita. Di chiedere alla mano di uno dei più validi, intensi ed impegnati disegnatori italiani di dare colore ad un esistenza sfuocata e quasi sempre vissuta in camere oscure, dove la quotidianità Russa veniva sviluppata solo in bianco e nero. C’è un muro altissimo e invisibile. Esteso molto di più rispetto a quello che imprigionava i Berlinesi. Un muro di vetro che ancora oggi a fatica viene valicato e che costeggia tutta quella che una volta era una sola nazione, la Russia, e che oggi è un insieme di tanti stati, divisi in tutto.
Anche nella voglia di fare fronte comune per abbattere il muro. I ragazzi tedeschi riuscivano a trovare ogni tre per due delle bombolette spray che utilizzavano per colorare il gigante grigio che li teneva prigionieri. Quelli russi si sono assoggettati alla trasparenza di ciò che li circondava finendo con il diventare invisibili. Igort ci restituisce delle pagine di storia. Pesanti. Tremendamente vere. Degne di essere raccontate e miserabilmente non di essere state vissute.
Eravamo bambini e attraverso la lettura dei fumetti siamo diventati adulti. Possiamo esserlo in maniera migliore, continuando a leggere le cronache che giungono da un fronte mai troppo lontano.
Quaderni Ucraini di Igort
A cura di Wiliam Amighetti
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