Non appena un bimbo viene al mondo sente subito il bisogno di essere amato, protetto e nutrito. È una componente ancestrale che continua la sua genesi in ogni uomo o donna presente sulla terra. Non possiamo smettere di alimentarci e non possiamo fare a meno di amare. L’amore è poi stato descritto, dipinto, cantato da bardi, racchiuso in odi poetiche, avvolto attorno a cioccolatini. Migliaia di forme di testimonianza per un unico fine. Amare ed essere amati. Ecco il più grande desiderio dell’essere umano. Si può rinunciare ai piaceri della buona tavola preferendo un cartoccio macrobiotico, ma non è possibile fare a meno dell’amore. Eppure, anche il sentimento principe a cui ruota attorno il nostro esistere ha iniziato a diluire la sua consistenza a livello espressivo.
Oggi non si conversa più, si chatta. Non ci si dice più ti amo ma si manda un SMS con l’acronimo TVTB che riduce a un micro codice fiscale ciò che sommi poeti avevano cercato di narrare in tutta la sua bellezza. Abbiamo perso di vista la tradizione letteraria che ha portato Liala a scrivere pagine rosa memorabili. L’amore su carta è diventato un triste ricordo e ha lasciato il posto a storie improbabili, dove vampiri cercano di sedurre ragazzine rincitrullite che sognano di poter morire e non invece di vivere, scoprire ed amare. In mezzo a tutto questo marasma sconclusionato ci sono piccole isole felici abitate da donne che non hanno perso nulla della propria bellezza. Che non hanno bisogno di maquillage per i propri pensieri e che riescono a narrare ancora l’amore restituendogli le maiuscole con cui sempre andrebbe scritto.
Sabrina Grementieri cura con garbo l’anoressia dei sentimenti e con calma riesce a costruire una storia bella, intensa, ma soprattutto vera, senza bisogno di metterci dentro canini appuntiti, muscoli troppo pregni di testosterone o donne che sembrano poter vivere senza dover chiedere mai nulla a nessuno. I suoi personaggi siamo noi. La sua ambientazione è semplicemente reale, concreta. Una cartolina tridimensionale che gioca con ologrammi formati dai due personaggi, che si rincorrono in un delicato gioco di seduzione e che capitolano, non in un finale scontato, ma nelle sublimazione che l’amore deve esprimere in ogni storia.
I paesaggi trentini sono un ottima scenografia. In questo periodo sono la magia assoluta. Fanno venire voglia di partire le pagine di “Noccioli di ciliegie” di mettersi in macchina e di raggiungere Clarissa, di sedersi a gamba incrociate davanti a lei, accovacciarsi fra i cuscini e guardare il fuoco che scoppietta mentre la ascoltiamo parlare di Jason. Aspettare il suo ritorno a casa e sedersi insieme a conversare. Perché alla fine il romanzo di Grementieri è il sunto della quotidianità. Siamo noi. Con la nostra voglia di amare e di essere amati. Una ricetta semplicissima, senza necessità di essere rivisitata. È così da sempre. Talmente semplice che a volte risulta difficile credere che sia ancora oggi possibile. A chi ama preparare in anticipo i regali da mettere sotto l’albero consiglio di recarsi quanto prima in libreria e di acquistare due copie. Una tenetevela sul comodino. Fa bene al cuore.
NOCCIOLI DI CILIEGIE di Sabrina Grementieri
Per una buona lettura è necessario attenersi alle seguenti indicazioni: Spegnere il telefonino, staccare il campanello alla porta d’ingresso e se volete aggiungere anche un cartello (anche scritto a mano) dove si chiede di non essere disturbati. Accendere stufa o camino e accoccolarsi sotto una coperta di lana.
Abbiate l’accortezza di avere al vostro fianco un piattino con Fave dei Morti e Biscotti di sambuco
Accompagnateli con del Moscato rosa di vendemmia tardiva, ovviamente con provenienza trentina
A cura di Wiliam Amighetti
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