E' URGENTE FARE CHIAREZZA

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E’ urgente far  chiarezza

In questi giorni si sta scrivendo una delle pagine più brutte della centenaria storia della nostra banca.

Mai, a memoria d’uomo, esponenti della banca sono stati ritenuti coinvolti in vicende tanto gravi che gettano discredito su un’istituzione gloriosa e feriscono l’orgoglio di migliaia di dipendenti, soci e clienti che credono che “fare banca per bene” non sia  uno slogan inventato da qualche creativo dilettante bensì lo stile per secoli osservato (e non vanamente sbandierato) da chi in passato ha avuto l’onore e l’onere di guidare la banca.

L’aver messo in dubbio (ricordiamoci sempre che siamo nella fase processuale delle indagini e nessuno può essere ancora  - e si spera mai  – ritenuto colpevole di alcunchè) la correttezza dei comportamenti degli amministratori della banca paventandone il coinvolgimenti in reati di natura patrimoniale e, ancora più grave, di aver pilotato le nomine alle cariche societaria con accordi illeciti, ostacolando persino l’attività di controllo degli organi di vigilanza, ci lascia attoniti e amareggiati.

C’è solo da augurarsi che gli accertamenti della magistratura si concludano rapidamente e che, se colpe ci sono state, i responsabili vengano subito  individuati e se colpevoli siano cacciati o  se ne vadano spontaneamente, permettendo alla banca di recuperare la propria dignità. La nostra banca non può permettersi di essere sulla bocca di tutti per il sospetto di illeciti compiuti da qualche suo amministratore: c’è di mezzo la fiducia dei soci e dei clienti, l’orgoglio dei dipendenti, il bene di tanta gente che vive nei luoghi della banca.

A prescindere dagli esiti delle indagini giudiziarie in corso, da questa dolorosa vicenda possiamo già trarre un paio di insegnamenti  per chi ha la responsabilità di amministrare un bene “pubblico”, sia esso una banca o una pubblica istituzione:

 il primo, fare affari con gli amici non è mai buona cosa. Nella migliore delle ipotesi fa nascere dubbi che quegli affari rispondano appieno agli interessi della banca o dell’istituzione che si amministra;

il secondo, stare alla larga dai centri di potere e dagli illustri personaggi che li rappresentano consente di evitare che il nome della banca si trovi proiettato sulle pagine di cronaca giudiziaria per presunti fatti che non riguardano la banca ma piuttosto, se verrà dimostrato, chi sulla banca ha proprie mire.

Auguriamoci tutti che gli attuali amministratori o quelli che succederanno ad essi se questi dovessero lasciare il campo, imparino l’onerosa lezione che viene dalle vicende di questi giorni.

 

ASSOCIAZIONE UBI BANCA POPOLARE!

CORRIERE 16 MAGGIO 2014

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IN FINE ARTICOLO LE DICHIARAZIONI DEL NOSTRO V.PRESIDENTE  MASSETTI

 

L’associazione Amici: «Un vertice
segreto? Noi non c’eravamo»

La sede perquisita a settembre. Il presidente Caldiani: già allora spiegai tutto

 
 
 
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«Non so dire se questa riunione si sia tenuta oppure no. Non voglio entrare nel merito della vicenda perché, posso assicurare, non riguarda la nostra attività associativa. Così come posso ribadire che né il sottoscritto né i componenti dell’Associazione Amici di Ubi Banca hanno mai partecipato ad incontri di qualsiasi tipo con membri dell’Associazione Banca Lombarda e Piemontese». Sull’incontro segreto tenutosi, il 13 marzo, a casa di Franco Polotti presidente del Consiglio di gestione di Ubi Banca, Graziano Caldiani è perentorio. Sessantadue anni, una carriera da dirigente bancario culminata con la nomina a direttore generale di Ubi, Caldiani, ora in pensione, è il presidente dell’associazione bergamasca, nata nel 2007,che oggi conta oltre 1.200 iscritti.

La sua conferma è avvenuta lo scorso 24 ottobre, dopo essere subentrato in corsa (a giugno) a seguito delle dimissioni di Antonio Parimbelli, a sua volta eletto presidente dopo che Emilio Zanetti aveva lasciato la carica nel luglio 2008. «Non so dire — prosegue Caldiani — se la riunione ci sia stata, ma ritengo che, anche nel caso si sia tenuta, possa configurarsi come un incontro tra uomini di governance della banca». Tra i convenuti a casa del presidente Polotti, con Andrea Moltrasio, Mario Cera, Armando Santus, (che tra gli altri incarichi sono anche membri del Comitato nomine di Ubi) e Italo Lucchini, membro del Consiglio di Gestione, sarebbe spuntato anche il nome di Giovanni Bazoli, presidente dell’Associazione Banca Lombarda e Piemontese. Subito dopo la riconferma alla presidenza, Caldiani si è trovato a rispondere all’attività di vigilanza che, a settembre, aveva perquisito la vecchia sede dell’associazione in via Verdi 11. Un’azione collegata all’esposto dei cinque consiglieri del Consiglio di sorveglianza, eletti nella compagine «Ubi Banca Popolare!». «Mi hanno chiesto di spiegare l’attività dell’associazione, che cosa facciamo e come operiamo — puntualizza Caldiani—. Quesiti ai quali ho risposto con la massima serenità. Il nostro scopo è di tipo culturale e di informazione agli associati. Siamo sul territorio con una funzione soprattutto convegnistica e di comunicazione, conformemente agli obiettivi che perseguiamo per statuto».

 

 

 

Tra i quali figurano la valorizzazione dell’identità e dell’autonomia del gruppo Ubi, delle risorse umane e la tutela di risparmi. Oltre «alla ricerca di opportune intese con altre organizzazioni associative che perseguono obiettivi analoghi». E sempre intese, ma di altro tipo, sarebbero quelle contestate ai vertici Ubi. Nel decreto di perquisizione, effettuata mercoledì in diverse sedi del gruppo, la violazione contestata si rifà all’ art.2638 del Codice Civile: «Tra le due associazioni presiedute da Bazoli ed inizialmente da Zanetti — si legge —, sarebbero stati stretti patti non comunicati né a Banca d’Italia né a Consob, volti a determinare la composizione degli organi di comando della banca, con accordi che di fatto avrebbero impedito ad altre associazione di partecipare alla composizione di candidature per le nomine nei Consiglio di sorveglianza e di gestione». «Siamo sorpresi ed amareggiati che il nome Ubi sia accostato a certi eventi— commenta il vice presidente dell’ “Associazione Ubi, Banca Popolare!”, Francesco Massetti —. Eravamo abituati a vivere ben altre situazioni. Siamo qui in attesa che al più presto possibile la vicenda si chiarisca». Massetti ribadisce che la sua associazione era all’oscuro dell’esposto inviato a Consob dai cinque consiglieri di minoranza: «Il ruolo tra noi e loro è ben distinto e non nascondo che abbiamo vissuto anche delle frizioni nei rapporti. I consiglieri continueranno nel loro compito istituzionale e noi quello associativo. Ma ognuno per conto proprio».

INDAGINI SUI VERTICI UBI

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Agenti della Guardia di Finanza stanno perquisendo dalla mattinata di mercoledì gli uffici dei manager di Ubi Banca ma anche altre realtà legate al gruppo bancario nell'ambito di un'inchiesta per ostacolo ala vigilanza e truffa aggravata. Tra gli indagati, Giovani Bazoli, Giampiero Pesenti, Andrea Motrasio.

La Finanza in Ubi Banca
Ostacolo alla vigilanza
e truffa: vertici indagati

Sede di Ubi Banca
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Un centinaio di agenti della Guardia di Finanza stanno perquisendo da questa mattina, mercoledì 14 maggio, la sede di Ubi Banca a Bergamo e altre sedi a Brescia e in tutta Italia. Le perquisizioni - eseguite da militari del Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza guidata dal generale Giuseppe Bottillo - sono state disposte dalla Procura di Bergamo in un'inchiesta del pm Fabio Pelosi per ostacolo alle funzioni di vigilanza e di truffa aggravata.

Secondo una prima indiscrezione l'inchiesta vorrebbe far luce su eventuali patti - anche non palesati - tra i soci. Sarebbero previste anche perquisizioni nelle sedi delle associazioni legate a Ubi Banca.

I finanzieri starebbero perquisendo gli uffici del presidente del consiglio di gestione di Ubi Banca,Franco Polotti, e del presidente del consiglio di sorveglianza Andrea Moltrasio. Perquisiti anche gli uffici di Mario Cera, vicepresidente del Comitato di Sorveglianza della banca, dell'amministratore delegato Victor Massiah e di Emilio Zanetti, a lungo presidente della banca. Per questi manager l'accusa sarebbe ostacolo all'attività di vigilanza. Perquisito anche l'ufficio del presidente di Italcementi Giampiero Pesenti.

Alle ipotesi di truffa aggravata (e riciclaggio) invece, sempre secondo indiscrezioni, si legano i nomi del consigliere Italo Lucchini, dell'ex amministratore delegato di Ubi Leasing, Giampiero Bertoli, e del'ex responsabile del recupero e vendita beni Guido Cominotti. 

Proprio in Ubi Leasing, la Guardia di Finanza è recata nella Direzione Credito Anomalo e negli uffici del Servizio Recupero e Vendita Beni. Perquisizioni anche negli uffici di Bertoli, Alessandro Maggi, ex direttore generale, e Cominotti. Nei loro confronti sono appunto ipotizzati dalla magistratura di Bergamo i reati di truffa aggravata e riciclaggio.

 

I DETTAGLI DELL'INCHIESTA

Al centro di tutto ci sarebbe l'attività di Ubi Leasing, che già in passato aveva visto l'attenzione di Bankitalia. Proprio via Nazionale, tra il giugno e l'ottobre 2012, aveva ispezionato l'istituto e alla fine ha comminato una sanzione da 360mila euro a vecchi e nuovi manager, sindaci inclusi. In quell'occasione, sono venuti al pettine di Bankitalia i nodi legati ad alcuni affidamenti e dossier sui quali si era già concentrata l'attenzione di Giorgio Jannone, ex deputato Pdl a lungo critico coi vertici di Ubi e in corsa nell'assemblea dell'aprile 2013 per il rinnovo dei consigli.

UN LEASING NAUTICO

Nel mirino della Vigilanza, oltre alle critiche agli organi collegiali, in quell'occasione sono andati gli iter decisionali che hanno portato ad esempio a concedere un leasing nautico a favore diMassimo Crespi, imprenditore degli yacht arrestato per evasione e frode fiscale. Proprio intorno a un suo yacht ruota un'operazione da 3,5 milioni di euro che coinvolge anche il nome di Giampiero Pesenti, presidente di Italcementi e numero uno di Italimmobiliare. Secondo le denunce del passato, infatti, l'imbarcazione da 12 milioni di valore sarebbe stata affidata in leasing a Crespi, che avrebbe poi smesso di pagare andando in insolvenza.

Alla fine, anche dopo offerte superiori, la barca sarebbe stata venduta appunto per 3,5 milioni e farebbe capo a una società battente bandiera cipriota riconducibile a Italcementi. 

Mercoledì, 14 Maggio, 2014
 Autore: Redazione Bergamonews

INTERVENTO ASSEMBLEARE DI FRANCESCO MASSETTI

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INTERVENTI PER LA PARTE ORDINARIA

Buongiorno a tutti ,

sono Francesco Massetti e prendo la parola, oltre che a titolo personale, anche  in rappresentanza dell’associazione” UBI, banca popolare”, di cui sono vice presidente.

Conterrò il mio intervento nei 6 minuti complessivi che mi competono per la duplice veste di socio e di rappresentante della ass.  UBI, banca popolare!.

Introduco la prima questione sulla quale mi sembra doveroso che gli Amministratori del Gruppo forniscano chiarimenti ai Soci.

In diverse pubbliche dichiarazioni i vertici del nostro gruppo hanno sottolineato , ed a ragione, la solidità di UBI Banca. Robustezza patrimoniale che è determinata dai risultati del passato e dall’aumento di capitale sottoscritto dai soci , in una fase di mercato peraltro negativa e penalizzante in termini di quotazioni.     E’ un patrimonio che i soci hanno affidato alle cure degli amministratori in carica.

Molto spesso però negli ultimi anni abbiamo purtroppo avuto modo di constatare che il prezioso patrimonio di UBI Banca, anziché venir valorizzato grazie ad una sana e prudente gestione, rischia di venir disperso per effetto di operazioni rischiose e anche “geneticamente” estranee alla matrice popolare del nostro Gruppo. Cito in particolare la vicenda  Pescanova  di cui si sono ampiamente occupati i media .  Pescanova, lo dico ai soci che ancora non lo sapessero, è una società multinazionale spagnola che UBI International ha ritenuto, con discutibile decisione, di finanziare per centinaia di milioni. Ora la società spagnola è commissariata ed il credito di UBI, che ammonta se ricordo bene a circa 130 milioni di euro, è gravemente a rischio. Già nel bilancio 2013 sono stati imputati a perdite circa 40 milioni e, purtroppo, altre perdite si registreranno in futuro. Agli amministratori domando come sia potuto accadere che UBI International, che è interamente controllata da UBI Banca, abbia potuto esporre il nostro gruppo ad un rischio così elevato e quali provvedimenti sono stati assunti per evitare il ripetersi di certe situazioni e anche per sanzionare coloro che sono risultati i responsabili di queste perdite ?

… e questo lo chiedo pensando a quante piccole aziende,  a quanti artigiani ed a quante famiglie  sul territorio , sicuramente  con anche un complessivo minor rischio di solvibilità , si sarebbero potuti sostenere con una somma simileed ai quali invece è stato detto di no !

 

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La seconda questione che pongo all’attenzione dei Soci e degli Amministratori riguarda il funzionamento del gruppo federale.

I risultati al 31/12/2013 dimostrano che i conti del gruppo si reggono praticamente sui risultati della BPB e COMINDUSTRIA e che l’ex gruppo BL nel suo complesso ha ridotto di molto la propria capacità di contribuire al risultato complessivo di UBI. A fine 2007 gli ex gruppi BPU e BL contribuivano alla formazione dell’utile netto dell’insieme delle banche UBI rispettivamente con quote del 60% e del 40% . Al 31/12/2013 , la situazione  evidenzia per le banche ex BL , un drammatico crollo della capacità ad esprimere risultati su livelli decorosi …   BBS, per fare un esempio, registra un utile netto di soli 3 milioni di euro contro gli oltre 130 della BPB . …. E così abbiamo anche svelato la paternità del dividendo ! 

Ora mi chiedo e le chiedo dott.  Massiah :  come è possibile  questo divario  se tutte le banche rete utilizzano lo stesso modello organizzativo , utilizzano gli stessi strumenti , adottano lo stesso criterio di valutazione del credito ,  trattano gli stessi prodotti  …  che sia la cultura di banca popolare  (e quindi di banca territorio) a fare la differenza , soprattutto nei momenti più difficili?   Quella cultura ultracentenaria  che tutti riconoscono in primis alla BPB  … e che si direbbe che  voi , anziché cercare di emulare state  provando a smantellare in nome del processo di integrazione !

Sigg. Amministratori , le operazioni di livellamento sarebbe opportuno farle verso l’alto , non verso il basso !

 

 

 

Grazie a tutti per l’attenzione .

 

 

 

INTERVENTI PER LA PARTE STRAORDINARIA

Buongiorno a tutti , sono Francesco Massetti e prendo la parola, oltre che a titolo personale, anche  in rappresentanza dell’associazione” UBI, banca popolare”, di cui sono vice presidente. Conterrò quindi il mio intervento nei 6 minuti che mi competono per la duplice veste.

L’odierna assemblea è chiamata a votare le modifiche statutarie che il Consiglio di Sorveglianza ha valutato con favore, ma con il voto contrario di 5 consiglieri.

Non è invece argomento per questa assemblea la decisione che riguarda   23.000 piccoli soci , storici nella stragrande maggioranza, che il Consiglio di Sorveglianza , con propria autonoma decisione di poche settimane fa e sempre con il voto contrario di 5 consiglieri , ha deciso di cancellare senza sentire previamente il parere dell’assemblea, invocando un inesistente obbligo di legge e contravvenendo , questa volta , al monito di Bankitalia in merito ai rischi legali conseguenti all’iniziativa .

Ma perché mai, gli amministratori di UBI Banca hanno negato a noi soci riuniti in assemblea il diritto di decidere su un tema di così ampio interesse, visto che si parla di eliminare circa 1/4 dei soci? Non certo per ragioni d’urgenza, visto che la decisione è di poche settimane anteriore all’assemblea dei soci … e non certo per vincoli legali, visto che la stessa Banca d’Italia ha messo in guardia sui rischi conseguenti alla decisione di impedire all’assemblea dei soci di esprimersi su questo tema! …     

 Semplicemente , signori , questa decisione è stata dettata da un puro calcolo di convenienze : se fosse stata portata in assemblea , quella proposta , nonostante il condizionamento oggettivo del voto palese su parte della clientela e sui dipendenti , avrebbe rischiato la bocciatura ….  e , eliminando  oltre 20.000 soci prima di questa assemblea si è abbassato di oltre 1000 voti il quorum deliberativo   necessario per l’approvazione delle variazioni statutarie oggi proposte.

Francamente non mi pare, quello offerto dagli Amministratori, un bell’esempio di onestà intellettuale e trasparenza! E possiamo immaginare quanto sarà stata apprezzata questa decisione dai soci esclusi, in particolare da coloro che la scorsa assemblea avevano dato il loro voto agli amministratori che oggi li hanno cacciati!

 

E veniamo alle odierne  proposte di variazioni statutarie , che nel loro complesso vengono giustificate come indotte da sollecitazioni di Bankitalia , per favorire l’interesse dei portatori di nuovi capitali .

Sappiamo che UBI Banca già vanta una robusta dotazione patrimoniale e sappiamo anche che oltre il 40% del capitale sociale del nostro istituto già è detenuto da fondi di investimento e da altri investitori istituzionali,    … è quindi evidente  che il problema sollevato da Bankitalia,   non ci riguarda !

Tuttavia a questa assemblea vengono proposte variazioni statutarie che accentuano le prerogative dei portatori di capitali, che andrebbero così a contare ancora di più … col rischio che  fra non molto della natura di banca popolare poco o nulla rimarrà.

Pongo allora una domanda agli amministratori : visto che gli investitori istituzionali già detengono il 40% del capitale di UBI Banca, che idea di composizione dell’azionariato avete in mente per il futuro della nostra banca?

 

 

Proseguendo … tra le numerose variazioni statutarie  in proposta vi è anche  quella che subordina la presentazione delle liste per l’elezione degli amministratori, al doppio requisito delle 500 firme e dello 0,50% del capitale  sociale . Una barriera d’ingresso sicuramente “poco popolare” . …  che sia stata da voi normata su misura per evitare il rischio che avete  corso alla passata assemblea?

Passiamo ad un’altra questione importante :

il presidente Moltrasio quando fu eletto un anno fa dichiarò fedeltà sia alla formula cooperativa che  al modello federale di UBI Banca …..  10 mesi dopo lo stesso presidente propone ai soci di modificare lo statuto con nuove norme che allontanano decisamente UBI Banca dalla sua tradizione di banca popolare e dai principi che regolano le banche popolari cooperative per conformarla ad un nuovo modello che viene definito “banca popolare integrata”

Se approvate, queste modifiche statutarie , come già accennato , daranno più peso ai soci che possono investire ingenti capitali nella banca, con l’ovvia conseguenza di esporre sempre più il nostro istituto alle aspettative ed agli interessi di chi ha investito molti denari … e che giustamente si aspetta adeguati e possibilmente veloci ritorni.  Meno importante per questi soggetti sono invece gli altri benefici che la banca popolare tradizionalmente assicura alle famiglie , alle imprese , alle istituzioni, ai dipendenti della banca stessa ed a quant’altro vive o  si pone a difesa del territorio .

Con queste premesse , dobbiamo realisticamente attenderci da qui a pochi mesi una spallata anche al modello federale di UBI Banca per far felici i grandi investitori? Banca di Vallecamonica , per fare un esempio, ci sarà ancora alla prossima assemblea o sarà stata incorporata in altre entità del gruppo  nel quadro della revisione del modello federale opportunamente  ridenominato “integrato”?

E’ questo un concetto che i bergamaschi , recentemente orfani del loro Creberg , dovrebbero ben comprendere !!!

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Che dire poi , per esempio, della proposta (art. 37.2, lett. B) che prevede che la eventuale  revoca del consigliere delegato debba essere decisa con il voto favorevole di tutti i consiglieri di gestione, compresi quindi anche quelli del direttore generale e del vice direttore vicario che, tanto per dirla senza  giri di parole,  prendono lo stipendio proprio da colui che dovrebbero sollevare dall’incarico? …che forse gli estensori del testo non abbiano ben chiaro il principio di “sana e prudente gestione” ?

 

Signori soci ,  in tutta coerenza , se la vostra aspettativa  è la trasformazione in Spa e banca unica  direi che questa è una  buona strada , se vogliamo invece , come tutti dichiarano ,  la banca popolare del territorio stiamo purtroppo andando nella direzione  sbagliata … e allora alziamoci e diciamo NO al pacchetto di modifiche  statutarie che ci viene proposto !

Grazie e buon lavoro a tutti.

ASSEMBLEA -BG NEWS

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L'ASSEMBLEA
L'associazione UBI, banca popolare! traccia il bilancio del suo primo anno di attività ed esprime dubbi sulle modifiche statutarie di Ubi Banca che metterebbero a rischio il modello federale.

Ubi, banca popolare!
“Modello federale a rischio
Così finiamo come Creberg”

ubi
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L’Associazione UBI, banca popolare! si è riunita nella serata di lunedì 28 aprile per la propria assemblea ordinaria dei soci: durante l’incontro con gli associati la presidente di UBI, banca popolare!, Loredana Cassina, ha presentato il resoconto dell’attività svolta nell’anno trascorso dalla costituzione, per poi passare all’approvazione, all’unanimità, del bilancio associativo con un utile di poco meno di mille euro.

Ma, al di là delle formalità, all’ordine del giorno i punti cruciali erano altri, a partire dal parere dell’Associazione sull’ultimo bilancio di Ubi Banca e sulle modifiche statutarie in Ubi, che saranno discusse all’assemblea straordinaria del 10 maggio prossimo.

Per quanto riguarda il bilancio, l’Associazione ha valutato ancora insoddisfacenti i risultati ottenuti da Ubi Banca nel 2013: in particolare è stato sottolineato il ruolo di “lepre” o, come lo ha il consigliere Renato Armandi, di “cane da slitta” di Banca Popolare di Bergamo, “l’unica, insieme a Banca Popolare Commercio Industria, in grado di produrre risultati accettabili e che porta sulle spalle il peso di tutte le altre”.

“E’ il segno del fallimento della guida esecutiva del Gruppo – ha calcato la mano la presidente Loredana Cassina – Serve un cambiamento profondo che valorizzi il potenziale tuttora inespresso del modello federale. La gestione finanziaria arrotonda i ricavi solo grazie a componenti non ripetibili e il bilancio, con i ricavi ancora in calo, viene salvato dalla riduzione dei costi del personale. Il dividendo che verrà proposto ai soci, 0,06 euro, è ancora una volta solo simbolico”.

Per la presidente Cassina il bilancio dell’associazione è invece molto positivo e, dopo questo periodo considerato “di prova”, l’impegno sarà subito moltiplicato e proiettato verso il rinnovo delle cariche del 2016.

Ma è sull’impianto complessivo delle proposte di modifica dello statuto di Ubi Banca e “sul metodo cui si è avvalso il consiglio di sorveglianza della banca per eliminare oltre 20mila piccoli soci detentori di meno di 250 azioni della banca, esautorando di fatto l’assemblea dei soci” che si è scatenata l’ira dei soci dell’associazione UBI, banca popolare!

Feroci critiche sono state infatti rivolte alla decisione di lasciare lo status di “socio” solo a chi detiene un minimo di 250 azioni, provvedimento che di fatto ha portato al decadimento di 20.553 soci.

Non è una scelta che combacia con le promesse del presidente Moltrasio di difendere il modello di banca popolare – ha commentato il segretario Mario Taricco – Se si ragione in questi termini l’assemblea diventa del tutto marginale. L’obiettivo, dopo il grande risultato della lista Resti all’ultima assemblea, è chiaro: vogliono ridurre la base sociale dei piccoli azionisti, favorendo i grandi azionisti e snaturando così di fatto il carattere ‘popolare’ di Ubi Banca”.

E, in chiusura di assemblea, è arrivato il monito verso tutti i soci di Ubi Banca, chiamati a valutare attentamente “il rischio di deriva capitalistica del gruppo Ubi Banca qualora le proposte di aggiornamento dello statuto fossero approvate dall’assemblea del prossimo 10 maggio: il voto, però, è palese e sarà difficile quindi che si verifichi il contrario. Ubi – ha concluso il vicepresidente dell’associazione Doriano Bendotti – così si sta mettendo sulla stessa via del declino che ha portato alla morte del Credito Bergamasco e il territorio ne pagherà le conseguenze”.

Un finale prospettato anche da Renato Armandi: “Il dividendo proposto non fa contento nessuno, nemmeno i grandi soci. Così si comincerà a pensare che il modello federale non funziona più, che si deve risparmiare. E allora addio alla banca popolare e via con la grande banca unica”.

ATTENZIONE: Copia a scopo dimostrativo. Alcuni elementi potrebbero non funzionare.