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L'ASSEMBLEA
L'associazione UBI, banca popolare! traccia il bilancio del suo primo anno di attività ed esprime dubbi sulle modifiche statutarie di Ubi Banca che metterebbero a rischio il modello federale.

Ubi, banca popolare!
“Modello federale a rischio
Così finiamo come Creberg”

ubi
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L’Associazione UBI, banca popolare! si è riunita nella serata di lunedì 28 aprile per la propria assemblea ordinaria dei soci: durante l’incontro con gli associati la presidente di UBI, banca popolare!, Loredana Cassina, ha presentato il resoconto dell’attività svolta nell’anno trascorso dalla costituzione, per poi passare all’approvazione, all’unanimità, del bilancio associativo con un utile di poco meno di mille euro.

Ma, al di là delle formalità, all’ordine del giorno i punti cruciali erano altri, a partire dal parere dell’Associazione sull’ultimo bilancio di Ubi Banca e sulle modifiche statutarie in Ubi, che saranno discusse all’assemblea straordinaria del 10 maggio prossimo.

Per quanto riguarda il bilancio, l’Associazione ha valutato ancora insoddisfacenti i risultati ottenuti da Ubi Banca nel 2013: in particolare è stato sottolineato il ruolo di “lepre” o, come lo ha il consigliere Renato Armandi, di “cane da slitta” di Banca Popolare di Bergamo, “l’unica, insieme a Banca Popolare Commercio Industria, in grado di produrre risultati accettabili e che porta sulle spalle il peso di tutte le altre”.

“E’ il segno del fallimento della guida esecutiva del Gruppo – ha calcato la mano la presidente Loredana Cassina – Serve un cambiamento profondo che valorizzi il potenziale tuttora inespresso del modello federale. La gestione finanziaria arrotonda i ricavi solo grazie a componenti non ripetibili e il bilancio, con i ricavi ancora in calo, viene salvato dalla riduzione dei costi del personale. Il dividendo che verrà proposto ai soci, 0,06 euro, è ancora una volta solo simbolico”.

Per la presidente Cassina il bilancio dell’associazione è invece molto positivo e, dopo questo periodo considerato “di prova”, l’impegno sarà subito moltiplicato e proiettato verso il rinnovo delle cariche del 2016.

Ma è sull’impianto complessivo delle proposte di modifica dello statuto di Ubi Banca e “sul metodo cui si è avvalso il consiglio di sorveglianza della banca per eliminare oltre 20mila piccoli soci detentori di meno di 250 azioni della banca, esautorando di fatto l’assemblea dei soci” che si è scatenata l’ira dei soci dell’associazione UBI, banca popolare!

Feroci critiche sono state infatti rivolte alla decisione di lasciare lo status di “socio” solo a chi detiene un minimo di 250 azioni, provvedimento che di fatto ha portato al decadimento di 20.553 soci.

Non è una scelta che combacia con le promesse del presidente Moltrasio di difendere il modello di banca popolare – ha commentato il segretario Mario Taricco – Se si ragione in questi termini l’assemblea diventa del tutto marginale. L’obiettivo, dopo il grande risultato della lista Resti all’ultima assemblea, è chiaro: vogliono ridurre la base sociale dei piccoli azionisti, favorendo i grandi azionisti e snaturando così di fatto il carattere ‘popolare’ di Ubi Banca”.

E, in chiusura di assemblea, è arrivato il monito verso tutti i soci di Ubi Banca, chiamati a valutare attentamente “il rischio di deriva capitalistica del gruppo Ubi Banca qualora le proposte di aggiornamento dello statuto fossero approvate dall’assemblea del prossimo 10 maggio: il voto, però, è palese e sarà difficile quindi che si verifichi il contrario. Ubi – ha concluso il vicepresidente dell’associazione Doriano Bendotti – così si sta mettendo sulla stessa via del declino che ha portato alla morte del Credito Bergamasco e il territorio ne pagherà le conseguenze”.

Un finale prospettato anche da Renato Armandi: “Il dividendo proposto non fa contento nessuno, nemmeno i grandi soci. Così si comincerà a pensare che il modello federale non funziona più, che si deve risparmiare. E allora addio alla banca popolare e via con la grande banca unica”.

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