Ubi Leasing, “usura e beni sottovalutati”. Ecco le cause degli ex clienti della banca
La società deve affrontare diverse richieste di risarcimento in sede civile da parte di persone che avevano acquistato imbarcazioni con contratti di leasing
Non c’è solo il fronte penale dell’indagine per truffa e riciclaggio avviata dalla procura di Bergamonei confronti dell’ex ad Gianpiero Bertoli e dei manager Alessandro Maggi e Guido Cominotti. Ubi Leasing deve affrontare anche le richieste di risarcimento in sede civile di decine di clienti che avevano acquistato dei beni stipulando contratti di leasing con la società del gruppo Ubi Banca. A essere contestate, in particolare, sono le procedure di vendita di imbarcazioni che la banca ha per vari motivi ritirato ai clienti prima dello scadere del contratto: secondo chi si è rivolto in tribunale sono state messe sul mercato a prezzi inferiori al loro valore reale. Con uno schema analogo a quello finito al centro dell’inchiesta bergamasca, che ha consentito al presidente di Italcementi Giampiero Pesenti di aggiudicarsi per 3,5 milioni di euro uno yacht da 32 metri, valutato 6 milioni da una perizia di pochi mesi prima e assicurato per tale cifra. Ma non solo: in alcuni processi già in atto Ubi Leasing è accusata anche di avere applicato tassi usurai.
Nei contratti il sospetto di usura - “In certi contratti ereditati da Sbs Leasing (Ubi Leasing è nata nel 2008 dalla fusione di Sbs Leasing e Bpu Esaleasing, ndr), il tasso di mora, applicato alle rate pagate in ritardo, superava addirittura del 3,15% il tasso soglia, ovvero il tasso di interesse che la Banca d’Italia pone come limite massimo perché non ci sia usura”, spiega a ilfattoquotidiano.it l’avvocatoMassimo Meloni, che insieme alla collegaMonica Pagano ha portato in tribunale le cause di alcuni ex clienti di Ubi Leasing. Se il giudice darà loro ragione, questi beneficeranno di quella che viene definita “gratuità del prestito”, normata dall’articolo 1815 del codice civile: tutti gli interessi versati nel periodo del leasing, non solo quelli di mora, dovranno essere loro restituiti.
La (sotto)stima dei beni ritirati - Ma le conseguenze per Ubi Leasing, che ha chiuso il 2013 con una perdita di 67 milioni di euro dopo il rosso di 70 milioni del 2012, potrebbero non fermarsi qui. Tra gli ex clienti c’è chi sostiene che la società del gruppo popolare lombardo – i cui guai, oltre che il leasing, riguardano anche i conflitti d’interesse degli azionisti con tanto di risvolti in fase di indagine per la controllata Iw Bank – ha messo in vendita a cifre inferiori al loro valore effettivo i beni restituiti in anticipo. Danneggiando chi aveva sottoscritto il contratto di locazione finanziaria, visto che la somma incassata dalla banca con la vendita viene detratta dal debito residuo del cliente. E’ questo, per esempio, quello che sostiene di aver subìto l’imprenditore Luigi Seragni. Nel 2012 la sua BB Rent, una volta messa in liquidazione, ha restituito a Ubi Leasing un’imbarcazione da diporto utilizzata come bene strumentale all’attività svolta. Lo yacht a febbraio 2012 è stato valutato dalloStudio Navale Miele, indicato dalla banca, tra 750mila e 780mila euro Iva compresa. Contro gli 800mila euro Iva esclusa che sono stati stimati a maggio 2013 da un’altra perizia, questa volta richiesta da Seragni e depositata dal perito al tribunale di Genova sotto giuramento.
A firmare il documento che secondo Seragni sottostima il valore della barca è quell’Alessandro Miele il cui nome è finito nel registro degli indagati della procura di Bergamo e che, su richiesta di Pesenti, ha fatto da intermediario per la cessione dello yacht Akhir allo stesso presidente di Italcementi nonché storico azionista di Ubi. A fronte di tale valutazione e di un debito residuo che secondo la banca (i legali di Seragni contestano il calcolo) ammontava a oltre 950mila euro, Ubi Leasing ha poi incamerato la garanzia data dall’imprenditore, costituita da un pacchetto diobbligazioni Ubi Banca del valore di 200mila euro.
Nella vicenda che ha coinvolto Seragni, oltre al sospetto di usura e di sottostima del bene, c’è anche un altro capitolo. Quello delle fatture da migliaia di euro emesse da Ubi Leasing con la dicitura “spese sostenute per vostro conto” e riferite al trasferimento della barca e a lavori eseguiti dopo il suo ritiro. Spese giudicate immotivate dall’imprenditore, che le ha contestate ottenendo lostorno per alcune di esse con motivazioni che vanno da “errata applicazione Iva” a “errata emissione”.
Vendere le barche ritirate? Per Ubi Leasing non c’era fretta - Stando al racconto di Seragni e di altri ex clienti in causa, poi, quando Ubi Leasing ritirava le imbarcazioni, queste venivano affidate ad alcune società tra cui la Gloryacht, riconducibile a Miele, e la Marina di Verbella, i cui uffici e cantieri rispettivamente a Livorno e a Sesto Calende (Varese) sono stati perquisiti lo scorso maggio dalla Guardia di finanza di Milano su delega del pm di Bergamo Fabio Pelosi. Da quel momento in poi, secondo diverse fonti, erano queste società a gestire in tutto e per tutto il bene e a occuparsi della sua vendita.
Cosa che, comunque, non sembrava una priorità per Ubi Leasing. O, almeno, è quanto raccontano gli ex clienti finiti in causa con l’istituto. Il rifiuto da parte di Ubi Leasing di vendere il bene ritirato è per esempio un elemento che si ritrova nella versione di Marco Antichi riportata in un atto di citazione dello stesso nei confronti dell’istituto. Nel documento si legge infatti che la banca harifiutato un’offerta da 106mila euro per l’acquisto della barca che il cliente aveva acquistato in leasing, ma che non era più in grado di pagare, “significando” il rifiuto con l’incongruità della somma rispetto al valore del bene. La proposta era accompagnata da due assegni da 5mila euro l’uno a titolo di cauzione e se accettata, è la conclusione dell’ex cliente Ubi, avrebbe consentito alla banca di rientrare del proprio credito prima che fossero intraprese le vie legali. Cosa che però non è successa e così Antichi, che era rimasto indietro con i pagamenti e aveva chiesto una moratoria che non gli è stata concessa, ha perduto il bene. La banca, poi, ha fatto valere la clausola di risoluzione del contratto, notificandogli però un decreto ingiuntivo per il pagamento di 98mila euro. Con tanto di segnalazione dell’insolvenza alla Centrale allarme interbancaria. E’ sulla cifra richiesta che verte la difesa del legale di Antichi, l’avvocato Giacomo Giribaldi, che non può fare a meno di notare come se per Ubi la barca valeva più di 106mila euro e stante il fatto che per contratto il debito residuo del cliente deve essere sottratto dal prezzo di realizzo, è il ragionamento, il saldo per Antichi avrebbe dovuto essere in pari se non addirittura positivo.
Decine di cause in sede civile - Contro Ubi Leasing sono state intentate altre cause in sede civile, oltre a quelle di Seragni e Antichi. Ilfattoquotidiano.it ha avuto conferma dagli avvocati contattati dell’esistenza di una quarantina di procedimenti. Ma, visto il riserbo mostrato da alcuni di essi per non pregiudicare la possibilità di arrivare ad accordi extragiudiziali che includano clausole di riservatezza, il numero potrebbe essere più alto.
Nel frattempo le attività del ramo leasing di Ubi, di cui Bankitalia lo scorso anno ha multato una quindicina di ex amministratori per “carenze nell’organizzazione, nei controlli interni e nella gestione del credito”, continuano a navigare in acque difficili parzialmente mitigate dall’aumento di capitale da 400 milioni portato a termine in due tranche tra 2013 e 2014. All’orizzonte c’è la gestione di una discreta mole di crediti di difficile riscossione, un male che, va detto, con gli effetti della crisi riguarda molte società del settore. Fatto sta che l’ultimo bilancio evidenzia che, su un portafoglio crediti di 7,35 miliardi, quasi il 20%, 1,3 miliardi, risultano “deteriorati” che significa che saranno difficili da recuperare. Ubi dal canto suo, ricorda come ”la società è stata oggetto di ispezione da parte della Banca d’Italia conclusa a ottobre 2012. Al termine dell’ispezione e dei rilievi mossi della stessa Banca d’Italia la capogruppo ha proceduto a realizzare un aumento di capitale realizzato in due tranche: 300 milioni il 30/1/2013 e 100 milioni il 16 aprile 2014. La società è stata inoltre oggetto di interventi organizzativi e gestionali tra cui il completo rinnovo dei vertici (management e cda) avvenuto a giugno 2013. Il nuovo management sta portando avanti con grande energia e disciplina l’attività di gestione per condurre fuori dalla crisi la società”.