CORRIERE 5 LUGLIO 2014

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«Assemblea Ubi da invalidare»
Scoppia la guerra dei numeri

Jannone: le mie firme bastano. La banca: troppo poche

 
 
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Un atto di citazione presentato il 16 luglio di un anno fa, cinque memorie, una perizia che si concluderà a gennaio e tempi che si prospettano non brevi, anche solo per entrare nel merito della questione. La querelle tra Giorgio Jannone e Ubi Banca avviata presso la sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Brescia, con la quale l’ex onorevole a capo della compagine «Ubi Banca Ci siamo» ha impugnato l’assemblea dei soci del 2013, ha i contorni di una telenovela societario-bancaria con alcune puntate dai risvolti interessanti. Anzi, per certi versi affascinanti come, ad esempio, quello secondo cui dei 14.568 soci che, in proprio o per delega, si ritrovarono alla Fiera di Bergamo solo poco più di un migliaio, sarebbero stati titolati a partecipare. Mille regolari contro 14 mila e passa «portoghesi», insomma, secondo Jannone. Proprio sulla composizione del corpo sociale di Ubi Banca, il consulente Valerio Galeri, nominato dal giudice Paolo Bonofiglio, svolgerà nei prossimi mesi la perizia che dovrà rispondere alla domanda-madre del procedimento. Quanti erano i soci di Ubi Banca che il 20 gennaio 2013 erano titolari del numero minimo di azioni previsto dallo statuto e quindi potevano partecipare all’assemblea che si sarebbe svolta tre mesi dopo? Ieri, per la prima volta, il perito è arrivato nella sede di Ubi, dove in mattinata ha preso visione dei tomi societari- diverse decine di faldoni- e preso atto del compito che lo aspetterà da qui a novembre: scattare una «foto» del corpo sociale di Ubi, fare lo screening dei soci e del loro pacchetto azionario con un fermo immagine al 20 gennaio 2013. Dal conteggio asseverato dipende il corollario sostanziale che deciderà l’ammissibilità dell’impugnazione. L’atto di citazione, infatti, porta nove firme (8 persone fisiche oltre a quella dello stesso Jannone, nella doppia veste di socio di Ubi e di ad di JCapital spa). Sufficienti per promuovere l’azione? No secondo Ubi, sì secondo Jannone.

 

Carenza di legittimazione

La banca si rifà al combinato disposto degli articoli 2377 del codice civile e 135 del Testo Unico della Finanza, secondo cui nelle società cooperative con azioni quotate, come Ubi Banca, l’impugnazione delle deliberazioni assembleari annullabili sia proposta da un numero di soci pari ad almeno l’uno per mille della compagine sociale. In questo caso dovrebbero essere 88. Jannone, nella memoria del 1° aprile (cui ne sono seguite altre due, depositate il 2 e il 21 maggio) sposta la questione sulla possibile alternanza applicativa di due criteri. Rifacendosi all’articolo 45 dello statuto della banca, afferma che per impugnare l’assemblea sarebbe necessario o il quorum previsto tra capitale e azioni o quello risultante dal rapporto capitale e soci. In quest’ottica Jannone, anche solo con la JCapital sarebbe in possesso dell’uno per mille del capitale sociale di Ubi, ma la banca replica: una cosa è il quorum per l’impugnativa di una delibera assembleare, un’altra quello che l’articolo 45 sancisce. E cioè che, per la presentazione delle liste candidate all’elezione del Consiglio di Sorveglianza, sia necessario o il possesso dello 0,50% del capitale sociale o la firma di 500 soci. L’elezione non è l’impugnazione; sono due cose ben diverse.

 

 

 

 

Ubi banca dei mille

Ma l’aspetto, sicuramente più bizzarro della faccenda, è quello numerico. Forse agli albori della sua storia, l’allora Banca Popolare di Bergamo poteva contare su un migliaio di soci. Ma documenti ufficiali, come i bilanci, parlano di un corpo sociale di Ubi composto da decine di migliaia di soci. All’epoca dell’assemblea del 2013 sarebbero stati 87.150 e questo è il numero che compare negli avvisi di convocazione, cui risposero partecipando all’assemblea in oltre 14 mila. Secondo Jannone, i legittimati a partecipare sarebbero stati, invece, solo poco più di un migliaio. Su cosa si fonda questo conteggio? Un documento (allegato al verbale dell’assemblea) riporta l’elenco dei soci che erano presenti il 20 aprile 2013. Accanto al nome di ciascun socio è segnato anche il numero di azioni «bloccate» e in questo lungo elenco l’ex onorevole ha contato solo i soci portatori di 250 o più azioni. Escludendo chi era al di sotto di questa soglia e i presenti per delega, il totale è poco sopra i mille soci, praticamente quelli di una Bcc di dimensioni medio-piccole.

 

La decadenza elle 250 azioni

Ma chi e quanti erano i soci «in regola» il 20 aprile 2013? Semplicemente tutti coloro che erano in grado di dimostrare il possesso di almeno un’azione. Infatti, secondo lo statuto di allora, dopo aver acquistato il pacchetto di 250 azioni, era sufficiente mantenere un’azione per non perdere lo status di socio. L’ex onorevole sostiene che, non appena emesso il Decreto Crescita (il 18 ottobre 2012) Ubi Banca avrebbe dovuto subito stralciare dal libro soci chi non risultava titolare di almeno 250 azioni. Cosa che, in assenza di un termine applicativo perentorio, è avvenuta con la modifica statutaria approvata dal Consiglio di Sorveglianza il 19 dicembre ed entrata in vigore quest’anno. L’esito della votazione del 20 aprile 2013, secondo Jannone andrebbe rideterminato epurando dal computo dei voti espressi tutti quelli dei soci che il 20 gennaio 2013 erano titolari di meno di 250 azioni. Ma questa sarebbe tutta un’altra storia, fermo restando che secondo i calcoli di Ubi sarebbero stati oltre 66 mila gli aventi diritto. Il che riporta la questione all’origine; perché l’impugnazione sia ammissibile serve comunque la firma di un millesimo dei soci, su 66 mila sono 66. La decadenza pratica di quest’anno ha comportato la cancellazione di 20.553 soci per un saldo attivo, al 19 aprile di 74.916 soci.

 

Firme e Google maps

Nell’atto di citazione non mancano spunti curiosi. Uno su tutti l’autentica parte di un funzionario di Ubi che il 20 marzo 2013 si sarebbe recato a Sovere, Lovere e Vertova e che il giorno successivo avrebbe toccato Vertova, Parre, Cene, Scanzorosciate, Bagnatica e Trescore Balneario. Una velocità che ha dell’incredibile, sostiene l’atto di citazione. Macché, replica Ubi, basta controllare Google Maps: le filiali erano distanti tra i 30 e i 40 km con tempi di percorrenza compresi tra i 35 e i 60 minuti. Quando il satellite finisce in Tribunale.

 
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