Quale futuro?
Superati più che positivamente gli esami della BCE sulla solidità, si pone ora per UBI Banca un interrogativo
nuovo, forse ancora più importante: quale sarà il futuro di UBI con la nuova vigilanza unica europea? Resterà
la forma di banca popolare, oppure, magari assecondando gli indirizzi della BCE, UBI finirà per trasformarsi in
società per azioni?
L’assenza di comunicazione su piani e di direttive strategiche ufficiali fa sorgere qualche timore, a cui, per ora,
non vengono date risposte. Di recente, nel corso di interviste e incontri con gli analisti, l’amministratore
delegato di UBI si è detto possibilista e opportunista su future acquisizioni, pur senza riferirsi ad alcun caso
specifico. Del resto, non starebbe a lui dettare le linee strategiche del gruppo. Ma nulla emerge nemmeno dai
consigli di gestione o di sorveglianza, dai quali, invece, sarebbe lecito attendersi informazioni sugli indirizzi di
medio e lungo termine e sulle direttive affidate al management; perché proprio quando è più incerto lo
scenario, bisognerebbe sapere bene dove si vuole andare. Certo, si può anche essere opportunisti,
approfittando di situazioni favorevoli. Però non sono le opportunità contingenti a dettare la strategia, ma il
contrario. Se opportunità valide si inquadrano in una strategia di fondo definita, le si coglie; se invece le
opportunità non sono il linea con la strategia, meglio lasciarle perdere perché nel tempo si potrebbe
amaramente scoprire che servivano solo per appagare le ambizioni di grandezza di qualche amministratore e
non gli interessi della banca.
Non è affatto un discorso astratto; al contrario, si inserisce molto concretamente nel contesto della nuova
vigilanza europea e del futuro di UBI.
Dagli esami BCE è emerso con chiarezza che non ci si può aspettare alcun riguardo o preferenza per le
questioni italiane. A capo del SSM-Single Supervisory Mechanism della BCE, interprete di una linea rigorosa,
ci sarà la francese Daniele Nouy, con una lunga esperienza come segretario generale dell’Autorità di controllo
prudenziale della Banque de France. Cosa significa linea rigorosa? Significa, ad esempio, che il Monte dei
Paschi e Carige, che avevano ottenuto più tempo a disposizione e clemenza dalla Banca d’Italia, sono invece
state subito e sonoramente bocciati dalla BCE. Il messaggio è chiaro: nessuna indulgenza per chi non sta in
piedi con le sue gambe. E qualcuno, a Francoforte, avrebbe forse anche preferito che, più che di aumenti di
capitale, per MPS si andasse verso una liquidazione di fatto, con una vendita delle sue attività. Significa anche
che a Francoforte, ancora più che in Banca d’Italia, storcono il naso di fronte a grandi banche quotate in forma
cooperativa. E quindi, anche se le banche popolari italiane sono risultate nel complesso solide e potrebbero
crescere ancora, qualora dovessero essere impegnate qualche aggregazione, secondo la BCE sarebbe
“opportuno” che si trasformassero in società per azioni.
Attenzione, allora, a dare priorità alla strategia, rispetto alle “opportunità”. UBI è solida di suo; grazie a questo,
i rapporti con la BCE sono rispettosi e sereni e non sta scritto da nessuna parte che UBI debba svilupparsi con
altre acquisizioni che, con ogni probabilità, richiederebbero tagli, sacrifici e oneri patrimoniali a suo carico. Se
invece, per cogliere delle “opportunità”, come giustamente le chiama l’amministratore delegato, dovesse poi
trovarsi nelle condizioni di doversi rinforzare, allora si che la BCE potrebbe anche “suggerire caldamente” dei
cambiamenti profondi e status giuridico. Cambiamenti che, sinora, la Banca d’Italia non ha potuto imporre,
essendo la legge e il Parlamento italiano gli unici che avrebbe potuto trasformare le banche popolari quotate in
società per azioni. Ma da oggi, il baricentro delle decisioni sulle banche è spostato a Francoforte.
Per questo è importante sapere se UBI vuole davvero ancora crescere per acquisizioni o meno. Perché se le
maggiori dimensioni implicano il rischio di dover sacrificare la forma popolare, o quel che ne è rimasto dopo i
recenti cambiamenti statutari, sarebbe meglio saperlo subito. Sono i soci e l’assemblea a dover decidere del
futuro della banca; non l’amministratore delegato, ne il consiglio di gestione o di sorveglianza, che però,
proponendo o approvando operazioni straordinarie “opportune”, da cui sarebbe poi difficile tornare indietro,
potrebbero condizionare il futuro in modo irreversibile. Di acquisizioni e fusioni “opportune”, proposte di volta in
volta da amministratori pro-tempore, se ne sono viste già parecchie che hanno portato più danni che vantaggi:
Carime, Centrobanca, Banco S.Giorgio, Prestitalia, solo per citare i casi più evidenti. Ma anche
sull’opportunità di altre operazioni ancor più importanti, per chi siano davvero state “opportune”, ci
sarebbe molto da dire!
Associazione UBI Banca Popolare!