CORRIERE BERGAMO 12/4/2016

CORRIERE DELLA SERA:

 

Ubi, il declino degli «intoccabili» Dubbi su Polotti e Zanetti jr

Mercoledì le nomine del Consiglio di gestione: non è più così scontata la riconferma dell’imprenditore bresciano a capo dell’esecutivo. E più azionisti avrebbero preferito maggior condivisione sul figlio dell’ex presidente bergamasco

di Donatella Tiraboschi

 
 
 

Quella che inizialmente sembrava una sorta di formalità, la designazione dell’esecutivo, è diventata negli ultimi giorni una questione delicatissima. Fuori e dentro Ubi. Mai come ora le diverse anime di Bergamo e Brescia sono state, infatti, così vicine, nelle incognite post assembleari. Che potrebbero riservare delle sorprese. Al di là dei numeri dei possessi azionari che, fondi a parte, vedono la bilancia propendere verso Brescia con Bergamo in leggera rimonta, il risultato dell’assemblea ha sparigliato le carte che già erano state tolte dal mazzo, pronte per essere giocate.

 Quanto, ad esempio, i fondi vincitori vorranno impegnarsi nella Gestione, indicando un consigliere indipendente che partecipi al funzionamento della macchina? Quattro poltrone su sette, tra cui quella del presidente e del vice presidente, sono finite in una nebbia che solo il primo Consiglio di sorveglianza, convocato per domani, (a dieci giorni dall’assemblea, mai capitato prima) potrà dissolvere. All’interno delle singole espressioni dello storico azionariato sono, infatti, divampate discussioni su nomi considerati blindati. Mai messo in dubbio, nelle scorse settimane, ad esempio, che si viaggiasse verso la riconferma alla presidenza di Franco Polotti. La figura dell’industriale bresciano, dimessosi nei mesi scorsi dagli incarichi nelle aziende di famiglia, e per sua stessa ammissione «appassionatosi alla banca», negli ultimi tempi, proprio nella sua Brescia è parso non raccogliere più consensi unanimi. Un Polotti «chiacchierato», insomma, nella sua città, e nominato per via di alcune vicissitudini societarie finite sui giornali, dallo stesso Moltrasio in assemblea. «Nessun profilo di illiceità e pregiudizio per la banca» ha riferito il presidente di Ubi, in un passaggio in apertura (che non è passato inosservato), riferendosi alla conclusione di una relazione del Comitato di Controllo interno della banca, relativo ad una partecipazione in una società riconducibile allo stesso Polotti. Sul quale azionisti bresciani hanno continuato a discutere per tutta la scorsa settimana.

 


Qualche malumore, in campo bergamasco, ha suscitato anche l’ipotesi dell’ingresso nel Consiglio di gestione di Matteo Zanetti. L’esperienza maturata nelle varie banche rete del gruppo rende la sua candidatura rispondente agli stringenti criteri quali quantitativi imposti dalle più recenti normative. Un sentore diffuso avrebbe, però, preferito una maggiore condivisione sulla sua nomina, lasciando sullo sfondo il peso del pacchetto azionario della famiglia. Peraltro i numeri, inoppugnabili, dicono che il maggiore azionista di Ubi a Bergamo è la famiglia Zanetti. In un’ottica di continuità, sarebbe logico aspettarsi una prima poltrona bresciana e una seconda bergamasca, ma la situazione si presenta ingarbugliata, con i fondi che potrebbero aver dato indicazioni per il board: preferibili nomi «leggeri», senza grandi carichi azionari familiari o industriali.

ECO DI BERGAMO "LETTERA DI UN PICCOLO AZIONISTA"

LETTERA DI UN PICCOLO AZIONISTA 

PUBBLICATA SU L'ECO DI BERGAMO 4 APRILE 2016

 

 

UBI:  the day after!  Ovvero riflessioni di un piccolo azionista bergamasco.“Allora abbiamo una banca!” commentava trionfalmente al telefono un noto personaggio politico della storia recente.“Allora non abbiamo più una banca?” si interroga frastornato il piccolo azionista bergamasco.

Cosa è successo? Come è potuto accadere? Semplificando in soldoni, azzardiamo un’ipotesi.Nel 2007 (giusto il 1° di Aprile!)  in sede di costituzione di UBI  il management bergamasco di BPU, forte del suo patrimonio cooperativo capitario di “una testa, un voto” (cioè, tante teste, tante azioni) sigla uno sciagurato “patto fra gentiluomini” con la controparte a guida bresciana che porta in dote “tante azioni ma poche teste”. Bergamo conduce il giuoco perché nel sistema capitario sono le teste a contare qualunque sia il numero delle azioni possedute. Il pattosiglato fonda sul principio della pariteticità, cioè della pari dignità fra le società partecipanti indipendentemente dai rapporti di forza. Ergo, da adesso in poi,  uno vale uno!

La formula cooperativa sembra funzionare egregiamente tant’è che il Financial Times nel 2014 definisce UBI “banca dell’anno” in Italia !

Nel 2015  UBI, con uno scatto da centometrista, o meglio un salto di schiena alla Fosbury, diventa SPA dove , è noto, non contano le teste ma pesano le azioni, giusto quegli strumenti di cui la componente bresciana dispone in quantità (che fa prontamente e pragmaticamente valere con arroganza o meglio con poca riconoscenza per il riguardo prestatole daBergamo nel 2007).

Ma, ahimè, la storia insegna che in un “gentlemen’sagreement”, talvolta, possa far difetto la correttezza … si sente mugugnare nell’entourage del management  bergamasco (innervosendo il nostro piccolo azionista bergamasco che  si domanda dove fosse codesto management nel 2007).

Di fatto UBI Spa diventa bresciana perché, giustamente in una Spa,  chi ha più azioni comanda.In altri termini, il rapporto si quantificherà in 8 consiglieri di anima bresciana contro i 3 di anima bergamasca nel consiglio di sorveglianza.A questo punto il piccolo azionista bergamasco, già pesantemente ridimensionato nei ranghi nel 2014  dall’obbligo di innalzamento della quota minima a 250 azioni per mantenere la qualifica di socio (una “potatura” che interessa 1/5 della base azionaria bergamasca ovvero dai 15 ai 20 mila soci), si domanda se tutta questa progressione di fatti sia accaduta per autolesionistica sprovvedutezza o se sia stata pianificata a tavolino.E  per responsabilità di chi ?

Rassegnato riflette:” Pota, va bene l’economia globale, va bene la società per azioni con le sue logiche più attuali, va bene tutto  … maquesto è un altro pezzo fondamentale di economia locale che se ne va! Eppoi, se Bergamo nel 2015  totalizza un utile di 127 milioni e Brescia una perdita di 11 milioni … ma perché deve essere il più scarso a comandare ?”

La “resilienza” del piccolo azionista bergamasco,  è ulteriormente messa a dura prova in Assemblea dove, attendendosi di trovare liste antagoniste all’insegna di Patti dei Mille e Patti di Brescia in campanilistico tenzone, si ritrova una lista “calderone” (lista1) contrapposta alla lista “Fondi” (lista 2). Non capisce più niente enel dubbio   decide di lanciare un segnale al “demiurgo”. Come ? Votando per la 2° lista, cioè per dei soggetti che, il nostro suppone, diano una garanzia di professionalità e neutralità alternativa, i Fondi d’investimento appunto, né bresciani né bergamaschi. Cioè per dei soggetti che, bontà loro, hanno decisodi restare defilati candidando solo 3 consiglieri, perché altrimenti… Unico elemento di preoccupazione lo trova nel brochure di presentazione di detti Fondi che si indirizza (forse per non far torto a nessuno ?) alla Spett.le UBI Spa, Piazza V. Veneto 8, 24122 …GENOVA !!!!

Pota, è andata così. Può essere una lettura ? Ma non è finita, ora ci aspetta “il bancone” , quella banca unica dove i profitti dell’una e le perdite dell’altra confluiranno nel mare magnum della Spa. Ad maiora!

 

RINO JACONETTI

MA CHE SORPRESA!!!

Ma chi l'avrebbe mai detto... i Bresciani +  Zanetti...., ma pensa te!

Ubi, «Gestione» a trazione bresciana

Bergamo in minoranza tra le due donne e i cinque uomini alla guida della banca. A difendere la locomotiva del Gruppo sarà probabilmente Matteo Zanetti

di Donatella Tiraboschi

 
 

Non scatenerà dibattiti sulla pari dignità, né scalderà gli animi della pubblica opinione divisa nel match bancario Brescia vs Bergamo come è accaduto per la lista del Consiglio di sorveglianza. Sarà una partita, quella per la nomina del consiglio di gestione di Ubi, più defilata, più «da segrete stanze», ma non per questo meno appassionante. Anzi, decisamente più appassionante di quanto non sia stato il toto-listone, quello che gli azionisti si troveranno a votare fra quattro giorni alla Fiera di Bergamo, dove l’unica novità sarà l’ingresso, per la prima volta in assoluto, nel board di Ubi, dei fondi di investimento.

Dietro il sipario dell’assemblea, la partita per delineare i componenti dell’esecutivo (al Consiglio di gestione spetta, infatti, il compimento di tutte le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale, in coerenza con gli indirizzi generali strategici e programmatici del consiglio di sorveglianza) è già cominciata. Le regole del gioco sono chiare, o meglio chiarite, dall’articolo 21 dello statuto della banca. Sette componenti, nominati dal consiglio di sorveglianza su proposta del Comitato nomine, facendo attenzione alle quote rosa che per legge dovranno essere rappresentate per il 30%. Dunque, due donne e cinque uomini. Questo il primo identikit del prossimo consiglio di gestione che si completa con il secondo comma dell’articolo 21, che prevede come «due componenti dovranno essere individuati tra i dirigenti apicali della societa». Con una postilla aggiuntiva: «Non si computa nel numero dei dirigenti sopra fissato il Consigliere indicato alla carica di Consigliere delegato».

 

 

 

La coperta comincia così ad accorciarsi. Un posto tra i sette spetterà di diritto al ceo, cioè Victor Massiah, mentre altre due poltrone saranno appannaggio di due dirigenti apicali. Cioè le primissime linee della banca. I nomi su cui i bookmaker punterebbero sono quelli di Elvio Sonnino, vice direttore generale vicario di Ubi e di Elisabetta Stegher, manager di estrazione bancaria bresciana (ex anca lombarda pimontese) già responsabile dell’amministrazione e del controllo di gestione, prima di diventare nel 2012 Cfo, cioè direttore finanziario della banca. In testa a tutti, perché «squadra che vince non si cambia», sarebbe il presidente uscente Franco Polotti, industriale bresciano sempre meno industriale (nei mesi scorsi si era dimesso dagli incarichi operativi e dalla presidenza dell’azienda di famiglia, la Ori Martin) e sempre più banchiere.

Ruolo che, ha ammesso, tra l’impeccabilità del suo look e la perenne abbronzatura: «mi ha preso molto». Con questi quattro nomi il poker è calato. Un poker di chiara, chiarissima estrazione bresciana - tanto per restare nell’alveo di quella territorialità che è il leit motiv ricorrente - e che, senza entrare nel novero delle professionalità e delle competenze dei singoli, ne delinea comunque la provenienza. Contano, è vero, le profilature professionali, ma sotto il Campanone l’angolo di visuale è questo. E in una prospettiva che, con l’arrivo del bancone a cui si sta dando una vigorosa accelerata, cambierà radicalmente. Non più le singole banche reti, ma un mare magnum dove performance più o meno virtuose finiranno per «annacquarsi» ed amalgamarsi tutte quante. E dove, soprattutto, spariranno i singoli consigli.

Tornando a bomba, ecco che le tre poltrone rimaste (in possibile quota Bergamo e dove necessariamente ci dovrà essere una donna) assumono un ruolo strategico.Perché, tanto per dire, la Popolare di Bergamo, la locomotiva del Gruppo, è destinata a non avere più il suo parlamentino. I tre posti disponibili nel cdg assumono il ruolo di baluardo, un fortino orobico in vista del bancone. Chi potrebbe essere chiamato a difendere la bergamaschità bancaria in Ubi? Questa è la domanda che va oltre la contingenza del momento. Perché se è pur vero che contano le professionalità, c’è anche una storia di cui tenere conto.

Se la storia della Popolare di Bergamo non è un’opinione, la strada già tracciata dalla famiglia sembrerebbe portare dritta al nome di Matteo Zanetti, attualmente nel cda di Banca Popolare di Bergamo. E già membro del cda di Commercio e Industria, carica che ha contribuito a completare il suo curriculum, rispondente anche in una più stringente griglia di requisiti, stabiliti dallo statuto. Più che una candidatura, la sua, sembrerebbe essere la possibile risposta ad un altro quesito: con il bancone in arrivo, il peso nonché la tradizione bancaria della famiglia Zanetti, che non va dimenticato è il principale azionista orobico di Ubi Spa, che fine farebbe?

ATTENZIONE: Copia a scopo dimostrativo. Alcuni elementi potrebbero non funzionare.