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Ubi Banca, consiglio di sorveglianza diviso su governance. Monito Bankitalia
La revisione dello statuto decisa da Ubi Banca il 13 febbraio scorso, quando il consiglio di sorveglianza ha introdotto il requisito del possesso di 250 azioni per restare soci, potrebbe trascinare in un contenzioso legale l’istituto guidato da Victor Massiah. Parola di Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia. Per capire il senso dell’avvertimento di Via Nazionale occorre ricordare che la competenza sulla revisione dello statuto è dell’assemblea, salvo il caso in cui si proceda a un mero adeguamento alla legge. In tal caso, non essendoci discrezionalità, è compito esclusivo del cds provvedere. Ed è proprio sulla competenza ad inserire nello statuto la norma sul possesso azionario minimo che il cds di Ubi Banca si è diviso e la Banca d’Italia, che ha autorizzato la modifica dal punto di vista della «sana e prudente gestione», ha sollevato dubbi procedurali. L’approvazione da parte del cds e non dell’assemblea comporta «un non trascurabile rischio legale, considerata la discrezionalità nel recepimento» delle norme legislative del dicembre 2012, ha scritto Visco a Ubi. Contro l’approvazione in cds della norma si sono espressi anche i cinque consiglieri eletti nella lista di minoranza ‘Ubi Banca Popolare!’, espressione dell’anima cooperativa della banca, tra cui il professore della Bocconi, Andrea Resti. Ad avviso dei quali l’introduzione di un possesso azionario minimo, disciplinato dalla legge 17 dicembre 2012, non è un obbligo di legge ma una possibilità. Una interpretazione non condivisa dalla maggioranza del consiglio che, nonostante il suggerimento di Bankitalia, forte dei pareri dei giuristi Piergaetano Marchetti e Giuseppe Portale, ha ritenuto la sua iniziativa un mero adeguamento, senza discrezionalità, al dettato legislativo. Chi avrà ragione lo decideranno forse i tribunali. A Bergamo l’associazione ‘Ubi, Banca Popolare!’ sta valutando iniziative legali contro una delibera che, afferma il vicepresidente Francesco Massetti, «rischia di tagliar fuori dalla prossima assemblea tra i 10 e i 15 mila soci che hanno meno di 250 azioni». Ma il rischio di impugnativa grava anche sulle future delibere assembleari. Lo scontro interno a Ubi si consuma mentre Bankitalia sta ultimando la valutazione della riforma della governance sottopostale a metà dicembre. Un progetto che, accanto allo snellimento dei consigli, prevede l’evoluzione verso una ‘Popolare integratà, con un maggior coordinamento tra la base cooperativa e gli investitori istituzionali, di cui viene aumentato il peso nella governance. Sulla riforma si dovrà esprimere l’assemblea. Alla quale non parteciperanno tutti quei piccoli soci che, entro il termine del 19 aprile fissato dal Cds, non ricostituiranno una dote minima di 250 azioni. Una mossa finalizzata a ‘sfrondarè il libro soci da voti potenzialmente contrari, secondo i critici del Cds. Una iniziativa per «difendere gli interessi di tutti i soci in misura eguale» secondo le parole messe a verbale dal presidente, Andrea Moltrasio.