Nell’immane tragedia rappresentata dalla guerra civile italiana che ha lacerato la nostra penisola dal 1943 fin verso il 1948, anno in cui incomincia a placarsi la furia omicida dei vincitori nei confronti dei vinti, si staglia nel più completo isolamento, in un panorama angosciante di rovine materiali e spirituali, la “vicenda sublime”, come l’ha definita qualcuno, di Salvo D’Acquisto.
Sono i giorni immediatamente successivi all’8 settembre, quando sull’Italia, già martoriata dalle bombe anglo – americane, incombe il pericolo della prevedibile e spietata rappresaglia germanica. In un’atmosfera che di lì a poco diventerà da tragenda, e nella quale, tutti pensano unicamente a salvare se stessi, per primi coloro che hanno gettato nel caos la nazione (il re e la sua corte dei miracoli), questo giovane carabiniere offre senza esitare la propria vita per salvarne altre venti, con un eroismo assai simile, per un singolare caso del destino, a quello dimostrato soltanto due anni prima da Padre Massimiliano Kolbe nel lager di Auschwitz. “Sono un prete cattolico” aveva detto con semplicità ai suoi aguzzini il futuro santo, scegliendo di andare a morire, nel bunker della fame, al posto di un padre di famiglia destinato, per rappresaglia, ad essere ucciso insieme ad altri sventurati. Salvo non era un sacerdote, aveva ventitrè anni e una ragazza che probabilmente sarebbe divenuta sua moglie, e forse anche questo rende ancora più commovente e più luminoso il suo atto d’amore. Azioni simili sono le “bontà angeliche” (così le chiama il Manzoni), che contrastano, anche nei momenti più bui dell’umanità, le “operazioni diaboliche”, in un mondo irrimediabilmente segnato dal peccato originale. Bontà angeliche destinate a rimanere, forse per una permissione della divine Provvidenza, assai spesso più nascoste delle operazioni diaboliche. Così è accaduto per il sacrificio di questo immenso eroe, ignorato dalla massa dei giovani di oggi, se si eccettuano quelli di Napoli e dintorni ( ma quanti, poi?) e di cui non esiste quasi traccia nei libri di scuola. Una pellicola di infimo valore artistico degli anni settanta e una squallida fiction del 2003, sono tutto quello che ha saputo offrire il nostro sistema massmediatico, al punto che, per un adolescente di oggi, quando si parla di amore per il prossimo, è assai più facile pensare a Gino Strada o a…Che Guevara! Questo perché la tragedia di Salvo appartiene ad un passato su cui si sono esercitate le censure e le mistificazioni di una storiografia ufficiale (i “gendarmi della memoria” di cui parla Giampaolo Pansa) intenta a perpetuare falsi miti che ancora oggi seminano odio e divisione tra gli italiani. Salvo D’Acquisto non è un personaggio da 25 aprile; pur essendo caduto sotto il piombo nazista, non si presta a manipolazioni ideologiche e strumentalizzazioni politiche, quindi ( a parte qualche rievocazione ufficiale di “routine”, intrisa di retorica e ipocrisia) è una figura poco interessante per chi oggi ha nelle mani le leve del potere politico e mediatico e il suo esempio non viene proposto alle nuove generazioni ( inebetite a colpi di “grande fratello” e di musica rock) con il dovuto rilievo né la sua figura viene contrapposta, con la forza necessaria, ai “divi” che spopolano sui “media” con i loro sinuosi inviti alla demenza. Salvo è un testimone della sua profonda fede cattolica, espressione di un mondo di valori antitetico a quello del laicismo demo – progressista e dell’utilitarismo edonista dominanti nella nostra società. Altamente meritoria, dunque, in un contesto così degradato, l’opera di Maria Grazia Fida, che contribuisce a infrangere una subdola congiura del silenzio, facendosi apprezzare anche per lo stile agile e spigliato oltre che per una precisa e puntuale (ancorchè sintetica) ricostruzione degli avvenimenti storici. Condivisibile anche la decisione dell’autrice di non approfondire la “vexata questio” relativa alle ragioni della crudele rappresaglia tedesca: ci fu un vero attentato terroristico oppure l’esplosione che determinò la morte e il ferimento di alcuni soldati tedeschi fu dovuta ad una loro imprudenza? Oltre a quella della “vulgata” antifascista, esiste, infatti, anche la versione opposta: “Si trattò di un attentato terroristico eseguito a regola d’arte da un comunista. A Torrimpietra, benchè questo argomento sia ancora tabù, e nonostante il tempo trascorso da quelle ore terribili, non sono pochi coloro che conoscono il nome dell’attentatore” (G. Pisanò, Storia della Guerra Civile in Italia). Questione di indubbio interesse storiografico (è doveroso ricostruire gli eventi secondo verità), ma irrilevante se paragonata alla nobiltà e alla grandezza di un sacrificio che altrimenti non può essere definito se non come un fulgido esempio di “Imitatio Christi”. Salvo non è certo un eroe della “resistenza”, e non è solo un eroe dell’Arma dei Carabinieri, la sua figura è portatrice di valori che vanno molto al di là delle nostre misere contingenze storiche. Salvo è un martire cristiano. Salvo, nelle medesime circostanze, avrebbe donato la sua vita allo stesso modo, anche se i carnefici (come molte altre volte è accaduto) fossero stati anglo – americani o partigiani, perché egli aveva fatto totalmente sue le parole di Gesù: “Come il Padre ha amato me, io ho amato voi…Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Giovanni, XV, 9-17).
TELI Prof. Andrea |