VERTOVA: Alla ricerca di volontari e sostenitori dell’Hospice |
Già l’appello era stato lanciato alcuni mesi fa, precisamente a maggio, ma ora questo si fa più pressante, alla luce dell’importanza dell’argomento L’hospice di Vertova ricerca persone desiderose di entrare a fare parte della nuova Associazione di volontari e sostenitori della struttura dell’hospice, avente come promotore il dottor Stefano Testa, vicepresidente della Fondazione Cardinal Gusmini onlus, che coordina l’attività dell’hospice stesso. Già l’appello era stato lanciato alcuni mesi fa, precisamente a maggio, in altre circostanze e in altri tempi, ma ora questo si fa più pressante, alla luce dell’importanza dell’argomento. Così si legge in alcuni documenti ad hoc, prodotti dalla fondazione, che richiamano la comunità locale a una presenza più attiva nei riguardi del centro: “Nella certezza di operare unicamente e costantemente nell’interesse dei malati, che si trovano ad affrontare il momento più decisivo e difficile della loro esistenza, ricordo che siamo sempre alla ricerca di persone adatte a collaborare con noi per alimentare e garantire l’efficienza di questo servizio rivolto al prossimo in difficoltà. In vista della costituzione formale dell’Associazione volontari e sostenitori, preannunciata lo scorso maggio nella sala del centro culturale Testori, richiamiamo l’attenzione di tutti verso questa esigenza e indirizziamo i realmente interessati a farsi avanti, telefonando agli uffici amministrativi della fondazione (035/737611) o direttamente alla struttura dell’hospice che risponde al numero 035/737688. Le persone che ritengono di poter contribuire presso l’hospice in veste di volontari, sono invitate a riflettere sul ruolo del personale, che svolge mansioni di cura e assistenza in vicinanza a malati gravi, come appunto i pazienti ricoverati presso tale struttura”. Margherita Zambetti, infermiera che riveste la mansione di coordinamento presso l’hospice, richiama alla memoria collettiva quelli che sono, e dovrebbero sempre essere, i principi ispiratori dell’agire in vicinanza di ammalati in stadio avanzato di malattia: “Il quesito più controverso dell’etica delle professioni sanitarie è quello che riguarda il dire o il non dire la verità al malato, anche quando la prognosi è infausta. Il principale diritto di ogni ammalato consiste proprio nell’essere informato sulla diagnosi, sulle procedure e i trattamenti che vengono prescritti dai medici, nonché sui rischi o sugli eventuali trattamenti non farmacologici”. “Tale diritto – ha precisato l’infermiera – sancisce la considerazione e il rispetto della sua dignità di persona umana, mettendolo nella condizione di vivere in modo consapevole e responsabile la difficile prova della malattia. La sincerità, insomma, è un’esigenza di ordine deontologico ed è in questo frangente che entrano in gioco aspetti importanti, riguardanti la qualità della vita, la sua integrità fisica e mentale, i rapporti famigliari, professionali e sociali, che pongono il malato di fronte agli eventi più radicali, come appunto quelli della vita e della morte. È soprattutto in questi casi gravi che il malato stesso, e non altri, è chiamato a gestire la propria libertà e ad essere responsabile di se stesso”. Lo scoglio della verità dicibile o oscurabile è quindi un aspetto che chiunque decidesse di collaborare con l’hospice deve imparare a gestire e valutare. “Si pensa che lasciare morire una persona, privandola della consapevolezza, sia la massima espressione dell’umana pietà – ha aggiunto Margherita - Questo, del resto, è uno dei segni in cui si rivela quella cultura oggi largamente diffusa, che si rifiuta di pensare alla morte, che vieta di parlarne e cerca di nasconderla e esiliarla dalla scena pubblica. Necessario è dire la verità che il malato è in grado di sostenere; disporre quindi di quella abilità che consente di misurare le informazioni, sulla base della diversità e della unicità delle persone, del loro grado di cultura, del carattere, nonché le specifiche condizioni di emotività e instabilità psichica. Inoltre, la verità va detta in risposta a una richiesta o comunque a una esigenza oggettiva del malato, non si deve imporre. In ultimo è bene capire a chi affidare il compito di informare, scegliendo tra le persone che meglio riuscirebbero a trasmettere le informazioni al malato, senza mai negargli, cosa importante, la possibilità della speranza”. Sulla base di questa professionale dichiarazione, gli interessati, cioè i potenziali volontari possono contattare la fondazione per richiedere un primo colloquio con il personale preposto alla selezione. Gloria Belotti |