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Le guerre al tempo dell’Apparizione di Desenzano Stampa

Nell’ottocento Giambattista Cremonesi così scriveva: “Noi siamo d’avviso che Crema abbia avuto origine da molti nobili nel 570 (prima del mille), i quali spaventati dalle guerre d’Albino, si ridussero con le lor cose più care in questo luogo, tenendosi sicuri per essere Crema circondata da paludi e quasi inaccessibile…”. Nella prima metà del ‘400, Bergamo e il suo territorio furono a lungo disputati fra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia.


Nel 1419 Pandolfo Malatesta perdeva la signoria di Bergamo dove ritornavano i Visconti con Filippo Maria. Il Duca anche negli anni seguenti, continuò ad allargare il principato con l’evidente disegno di farsi signore di tutta l’Italia, finché nel 1426 Venezia e Firenze, preoccupate dai suoi successi, si allearono contro di lui, e nel 1427 lo sconfissero a Maclodio. Venezia il 19 aprile 1428 con la Pace di Ferrara, ebbe una via aperta su Bergamo, anche perché i guelfi bergamaschi le avevano facilitato la conquista sollevandosi contro i Visconti contrastandoli aspramente. Per questo la nuova signoria fu larga di concessioni e privilegi con chi lì aveva sostenuta, e questi ebbero il premio dei sacrifici sofferti. Avendo essi presentato le loro richieste a Venezia, il doge Francesco Foscari, con decreto del 18 dicembre 1428, riconosceva loro il merito di essersi assoggettati spontaneamente al nuovo dominio e di aver contribuito “magna fidei integritate et costantia” all’onore e alla crescita dello stato veneto. Concedeva ai Comuni che fossero esenti dalle tasse “…aliquo jure causa negotio vel ingegno…” e che pur restando distinti fra loro avessero “unum Vicarium, seu Rectorem” con autorità di amministrare il diritto nelle cause civili fino alla somma di 100 lire imperiali, nelle criminali fino a 250 lire. In campo fiscale e commerciale i Comuni richiedenti ebbero molte agevolazioni: Che si mantenessero “circa taxam…”, che tutte le condanne civili, e solo quelle, venissero pagate alle casse dei Comuni dove fossero comminate “in eorum utilitate”. Fu ancora concesso che non dovessero in alcun modo contribuire al mantenimento dei folli e dei mulini ma servirsene senza alcun pagamento di dazio o pedaggio e che potessero condurre e vendere merci in ogni città e terra della Repubblica, attenendosi alle consuetudini dei diversi luoghi… Venezia cercava così di assicurare l’appoggio e la fedeltà dei sudditi e di guadagnarsi la fiducia dei ribelli. Nel 1431 riprendevano le ostilità contro i Visconti ma i bergamaschi con 600 uomini “cum valore et calore” preservarono il territorio dal saccheggio e contennero l’attacco del grande condottiero Nicolò Piccinino. Nel 1433 con la Pace di Ferrara, si ebbe un momento di tregua e la fedeltà fu premiata con molti privilegi. Nel 1437 quando il Piccinino mise in rotta l’esercito veneziano riconquistò per il duca quasi tutto il territorio bergamasco e pose per tre anni l’assedio alla città. La miseria e la fame nelle povere famiglie era spaventosa, il freddo dell’inverno era rigido e mancava le legna per riscaldare i vecchi e gli ammalati. Ovunque la fazione guelfa favorevole alla Repubblica di S. Marco osteggiava il ritorno dei Visconti. Tra i guelfi e i ghibellini riesplosero violentissimi gli antichi rancori e ritornarono i momenti più feroci delle lotte del ‘300. Si rinnovarono crudeltà, torture, violenze, stupri, delitti, rapine, incendi e omicidi. La crudeltà tra nemici fu inimmaginabile, lance e bastoni, coltelli e spade, alabarde e uncini sventravano i malcapitati. Per le grandi devastazioni ricomparve lo spettro della carestia che imperversò per molti anni. Si visse momenti di grande spavento e di terrore. (In questo clima,“fervendo grande guerra”, il 9 ottobre 1440 la Madonna appare a Desenzano, a una povera bambina ammalata e scheletrita, in lacrime per il grande dolore di un’enorme cancrena alla gamba sinistra in sfacelo, La consola, medica e guarisce. La madre di Venturina era terrorizzata sapendo che se i medici tagliavano la gamba la cicatrizzavano poi con ferro rovente e la povera bambina...). Nel 1441 giunse provvidenziale la Pace di Cremona che riportò Venezia al possesso di tutto il territorio bergamasco. Allora il Doge di Venezia mostrò come trattasse diversamente gli amici e i nemici. A questi nel 1442 furono confiscate tutte le terre in loro possesso, ma non riuscì ad evitare ulteriori gravi rappresaglie. Erano troppo forti le tendenze ghibelline che avevano resa da sempre Bergamo covo di ribelli, perciò Venezia pensò che per sicurezza, la mala erba dovesse estirpata dalle radici. Catturati i nemici con l’inganno, furono cacciati dal territorio veneto e dispersi, mentre le loro fortezze e case furono abbattute e devastate e i beni venduti “come exosi et inimici de Veneziani”. La Repubblica aveva colpito con tale durezza e severità da oltrepassare in qualche caso gli stessi limiti del diritto. Nel 1446 passata ogni burrasca, restituiva i beni agli orfani e alle vedove i cui padri e mariti non erano nemici e ribelli. Da allora il dominio veneto si impose definitivamente su Bergamo e territorio e, salvo breve parentesi nel 1453, si protrasse fino alla fine del secolo XVIII.

 

Nellio Carrara

 

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