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Pronto per essere consegnato alla comunità il rinnovato Santuario della Madonna del Pianto Stampa

Sarà settembre, e sarà festa per tutta la comunità albinese. Come annunciato dal prevosto don Giuseppe Locatelli, i lavori di riqualificazione e ristrutturazione della chiesa della Madonna del Pianto, in Albino, dovrebbero concludersi nel prossimo mese di settembre. Allora, dopo il tradizionale Settenario che anticipa la festa della Madonna del Pianto, prevista per metà mese, la chiesa sarà riconsegnata in tutta la sua bellezza e il suo splendore originario alla comunità albinese, che è tanto affezionata al piccolo santuario che si affaccia sul provinciale. Sarà un appuntamento importante, di forte devozione popolare, che richiamerà un gran numero di fedeli, provenienti da tutta la Val Seriana, ma soprattutto un evento architettonico, perché i lavori di sistemazione della chiesa, interni ed esterni, saranno finalmente completati.

Già lo scorso anno, si erano conclusi i lavori del piano integrato di intervento Madonna del Pianto, in virtù del quale si è realizzato, proprio alle spalle del santuario mariano, un insediamento residenziale-commerciale e una piazza pubblica, con annessi parcheggi e aree verdi attrezzate. Un intervento quanto mai necessario, che ha permesso di riqualificare e sistemare un’area da alcuni anni abbandonata a se stessa, dopo la chiusura delle serre e del vivaio della famiglia Carrara; e che, di riflesso, ha interessato anche il santuario della Madonna del Pianto. Infatti, per una convenzione stipulata con il Comune di Albino, l’immobiliare privata ha concesso alla parrocchia di San Giuliano, titolare del santuario, tutto il materiale necessario alla sistemazione del sagrato del santuario. Un’operazione urbanistica importante, che ha permesso di provvedere ad una più ampia sistemazione del santuario, iniziata proprio dopo la festa mariana, già da lunedì 21 settembre scorso, con la posa della nuova pavimentazione: un sagrato in lastre di granito grigio, disposte in modo parallelo alla facciata del santuario. Inoltre, con l’eliminazione dell’attuale gradinata che porta direttamente sul provinciale, si sono venuti a formare due accessi al santuario: dalla strada e dalla piazza pubblica. Ma altri sono stati gli interventi alla chiesa, alla luce di tre tipologie di degrado: la copertura, l’intonaco della facciata, la cipolla del campanile. E andiamo con ordine, considerando il progetto complessivo, che ha visto in cabina di regia l’arch. Gustavo Picinali, di Gandino.

Il tetto era l’elemento che destava maggiore preoccupazione. Questa particolare copertura era oggetto di continue manutenzioni, ma l’eccessiva presenza di compluvi, displuvi, scossalinature di raccordo dei salti di quota era di difficile gestione. La stessa orditura del tetto presentava incongruenze poiché, a fronte di una travatura principale per lo più sovradimensionata e in buono stato, grazie anche alla qualità dell’essenza utilizzata, si avevano porzioni di tetto con struttura incomprensibilmente sottodimensionata e spesso degradata anche per il percolamento continuo. In particolare, si denunciava la mancanza di una capriata in corrispondenza del primo tratto del presbiterio. Detto dell’abnorme sviluppo dei compluvi in lamiera, spesso corrosa e dunque inadeguata a garantire la tenuta e il corretto deflusso delle acque meteoriche, particolarmente compromessi erano i tratti di raccordo delle falde di tetto con le murature da queste emergenti, dove le scossaline si scostavano dal muro facilitando le infiltrazioni. Il manto di finitura realizzato con coppi a canale, poi, presentava i problemi propri di questa tipologia di copertura: slittamento dei singoli manufatti, formazione di tratti scoperti, rottura degli elementi fittili. Pertanto, si è operato in questo modo: rimozione del manto di copertura e dei pannelli catramati laddove esistono, rimozione dell’assito discontinuo e sostituzione dell’orditura secondaria degradata; realizzazione di una nuova capriata da collocare al di sopra della volta del presbiterio; sostituzione delle travi secondarie opportunamente trattate, posa in opera di assito continuo; stesura di teli traspirante incrociati; messa in opera di scossalinature, converse, canali di gronda, pluviali in lamiera di rame; manto di finitura in coppi. Il progetto ha adottato il sistema già sperimentato dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici sulla copertura del Duomo di Bergamo e su altri edifici pubblici della stessa città. Si tratta della tipologia Tuix System della ditta Possagno, che prevede l’ancoraggio dei coppi su struttura non visibile di acciaio. Il sistema permette il riutilizzo dei coppi antichi che sono stati collocati nella parte superiore; i coppi inferiori sono stati sostituiti con altri aventi cromatismo simile a quello dei coppi storici ma con caratteristiche meccaniche ben superiori. Questo tipo di copertura garantisce inoltre la microventilazione e l’anti-intrusione di volatili.

Secondo problema era l’intonaco della facciata. Ad eccezione della torre campanaria in pietra dura orobica, la pietra arenaria utilizzata in facciata si limitava agli stipiti delle porte, mentre le volute a mensola che disegnavano gli accessi laterali della facciata principale e i capitelli erano in cemento tinteggiato. Peraltro, le facciate non avevano alcuna pretesa: solo sulla fronte principale la superficie era mossa da specchiature le cui campiture erano decorate con semplici disegni geometrici. L’analisi dei materiali evidenziava comunque che la qualità complessiva dell’intonaco era giudicato cattivo, in alcuni tratti pessimo, tale da portare il professionista che aveva condotto l’analisi strutturale a conclusioni inequivocabili di rimozione completa dell’intonaco esistente. E così è stato: rimozione dell’intonaco e successivo lavaggio con acqua demineralizzata; esecuzione di intonaco con malta in calce idraulica naturale pura; rasatura; tinteggiatura finale, con una superficie leggermente velata.

Ed eccoci, da ultimo, al campanile, che appariva in buono stato anche se la parte terminale che comprendeva la cella campanaria, la terrazza e la cipolla accusavano un degrado dovuto in parte a infiltrazioni e in parte al deterioramento naturale del materiale utilizzato per la cipolla. Nel primo caso la mancanza di impermeabilizzazione della cella campanaria ha permesso che l’acqua entrasse nella torre rovinando sia l’intonaco che l’ultimo tratto della rampa di scale di legno; nel secondo caso il tempo ha avuto la meglio sul materiale (ferro e zinco) di cui è costituita la cipolla ottagonale. La stessa struttura che fa da armatura al rivestimento necessitava di una intervento radicale inoltre le lastre metalliche erano corrose in più punti e più volte inutilmente rappezzate. La cipolla, poi, era verniciata così da apparire di rame. No, non andava bene. Come si è intervenuti? Con la sostituzione della cipolla, questa volta però realizzata con materiale più nobile e duraturo. L’intervento non poteva comunque limitarsi alla “pelle”, ma andava rivista anche la struttura portante, così da garantire la staticità attualmente fragilissima. L’armatura interna della cipolla era infatti sottodimensionata e deteriorata dalla corrosione. E’ stato pertanto deciso di realizzare una nuova struttura in acciaio ben ancorata al basamento sulla quale, mediante saette, sono state fissate le lastre di rame sagomate. La nuova struttura è stata dotata di opportuni ancoraggi necessari per garantire la sicurezza nella manutenzione, venendo incontro anche alle esigenze di coloro che sono addetti alla gestione delle luminarie per le feste.

Gianluigi Facchinetti

 

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