PENSIERI “DALLA RIPA” |
Il 17 maggio è giunto alla sua conclusione il percorso Diaforà: pensare dalla Ripa. Incontri sulla differenza nell’educazione, nelle scienze e nelle arti, promosso dalla nostra Amministrazione insieme alla Cooperativa Sociale “La Fenice” di Albino e all’Associazione “In-Oltre” di Bergamo. Si è trattato di un’iniziativa importante, ricca di contenuti e occasione di riflessioni diverse. Innanzitutto la proposta ha riscosso un significativo successo di pubblico. Otto appuntamenti da febbraio a maggio per molti erano un azzardo, soprattutto in anni nei quali è sempre più diffusa l’opinione che “la gente” desideri soltanto svago e intrattenimento. Perché la proposta ha suscitato questo interesse? Credo che abbiano giocato un ruolo importante soprattutto due elementi: la qualità dei relatori e la significatività dei temi. Di serata in serata il tema della differenza, al centro del percorso, è stato affrontato sotto molteplici aspetti e in vari contesti e di questo è impossibile tentare anche solo una rapida sintesi. Mi limito ad un elenco per titoli: la complessità dell’educare e la superficialità crescente con cui le nostre società guardano e agiscono i ruoli formativi, la pervasività del binomio scienza/tecnologia che richiede nuove bussole per evitare la trasformazione della sua istanza liberatoria in pericolosa superstizione, una visione non estetica dell’arte, che le consenta di riguadagnare un ruolo fondante nella costruzione dei legami sociali. Hanno ricevuto particolare attenzione due delle numerose differenze che attraversano l’esperienza umana: l’infanzia e la disabilità. Rispetto all’infanzia c’è stato un forte richiamo al rispetto, visto come modalità scientifica di conoscenza delle loro possibilità, ed è stato esplorato il ruolo dell’educatore e dei limiti necessari che si pongono all’agire pedagogico e didattico. Rispetto alla disabilità gli incontri hanno posto il problema dei diritti di cittadinanza, di espressione, di una vita normale, problema che non riguarda soltanto le persone “fragili” ma che rappresenta l’unica via perché anche le fragilità di “noi normali” abbiano legittimazione. Anche solo da queste allusioni appare come le relazioni e i dibattiti abbiano dato a tutti i presenti di che pensare, abbiano sollecitato a una nuova progettualità individuale, comunitaria, sociale, non solo chi come me ricopre ruoli pubblici di amministratore, ma tutti quelli che non si accontentano di subire il proprio quotidiano vivere, tutti quelli che intendono provare ad agire davvero il proprio essere cittadini. Certo, non servono iniziative estemporanee e la nostra amministrazione ne è pienamente consapevole, tanto è vero che il ciclo di incontri è solo una prima tappa verso il Centro Diaforà. Tappa che ha permesso di cominciare a capire di cosa si occuperà il centro culturale che la cooperativa La Fenice ha intenzione di promuovere in una logica di autentica collaborazione tra enti e soggetti diversi, pubblici e privati. Come ha detto in una delle serate il filosofo Carlo Sini, chi ha ruoli politici deve infatti preoccuparsi urgentemente di ri-costruire quelle piazze, quei luoghi che fanno una comunità, che ne aiutano la continua ricostituzione attraverso l’incontro delle persone, il pensare e il fare condiviso alimentato nel profondo dalle scienze, dalla cultura, dalle arti. |