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Lettera al direttore - Replica Stampa

Vorrei innanzitutto ringraziare Paese Mio per avermi concesso la possibilità di replicare all’articolo del Prof. Pierangelo Piantoni pubblicato nel numero di aprile.

Cercherò di rispondere in poche righe, senza dilungarmi in spiegazioni tecniche che richiederebbero uno spazio e un’attenzione particolari, non adatti al particolare taglio del giornale; né si ritiene che questa possa essere la sede idonea per dare conto delle complesse e lunghe vicende che hanno accompagnato l’evolversi di un intervento conservativo di estrema difficoltà.

Innanzi tutto mi pare opportuno precisare un principio di metodo basilare: la finalità di un restauro non è modificare l’opera d’arte arricchendola di brani pittorici inventati o di dettagli scaturiti da arbitrarie interpretazioni di un testo pittorico antico. Scopo del restauro è di ripristinare e riportare alla luce quanto di originale conserva un dipinto, un affresco o un manufatto artistico attuando tutte quelle necessarie provvidenze che, oltre a migliorare la lettura di un’opera, servono a preservarla per quanto possibile da danni futuri.

Il restauro dell’affresco di piazza Carnovali, autorizzato dalla Soprintendenza per i beni storici e artistici di Milano e diretto in tutte le sue fasi dal funzionario di zona con cui sono state discusse le diverse scelte in merito alla pulitura e alla ricomposizione dell’insieme, si è presentato fin dall’inizio assai difficile per la frammentarietà delle parti originali superstiti emerse dalla pulitura, la quale ha consentito di accertare le molte e arbitrarie ricostruzioni ex novo risalenti al precedente intervento. Di questo non si conserva alcuna documentazione fotografica, nessuna relazione scritta in grado di testimoniare lo stato di fatto dei dipinti prima del restauro o di giustificare, sul piano scientifico e filologico, i rifacimenti molto invasivi che a distanza potevano ingannare anche un occhio esperto. Solo dopo molte ricerche nei diversi archivi sia della soprintendenza che del comune è stato possibile reperire una vecchia fotografia in bianco e nero eseguita negli anni cinquanta dal fotografo albinese Franco nella quale la facciata del palazzo appare quale realmente essa è, ossia estremamente lacunosa, povera di testimonianze pittoriche e in uno stato di grande degrado.

Dunque, per concludere, il restauro da me condotto non ha fatto che riportare alla luce l’assoluta autenticità delle parti originali purtroppo assai lacunose; comprenderà bene con quale cautela e accortezza si sia proceduti nell’opera di ricomposizione pittorica delle immagini, basata solo sul rispetto delle preesistenze e non su un lavoro di falsificazione interpretativa, secondo la prassi che spesso connota quei decoratori che sogliono spacciarsi per restauratori.

In ultimo, tanto perché possa anche lei documentarsi, senza andare tanto lontano, a Bergamo in città alta, vi sono ben due rappresentazioni di leone di San Marco simile a quello di piazza Carnovali, uno in Piazza Cittadella, l’altro in via Gombito, ed entrambi sono raffigurati con muso frontale in atto di mostrare la lingua all’infuori.

Saluto tutti i cittadini di Albino.

Cordialmente

Andrea Lutti

 

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