Dal biologico al sociale: la cooperativa Aretè fa scuola in Italia |
Agricoltura biologica e finalità sociali: la cooperativa agricola e sociale Areté di Torre Boldone supera i confini bergamaschi, fa scuola in Lombardia, scelta come progetto pilota dalla Direzione Regionale dell’Agricoltura, e diventa ora anche un modello di eccellenza su scala nazionale, promosso dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e dal Ministero di Grazie e Giustizia. Un esempio da diffondere su tutto il territorio nazionale, codificato nel progetto “Costruzione di un modello di azienda agricola con finalità sociali”, che è stato presentato nei giorni scorsi, nella sala consiliare di Torre Boldone, durante una conferenza stampa. All’incontro ha partecipato l’on. Carolina Lussana, vicepresidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, la Dott.ssa Giuliana Cornelio, in rappresentanza dell’Assessorato all’Agricoltura della Regione Lombardia, la Dott.ssa Anna Ciaperoni, vice-presidente nazionale di AIAB (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica), il Prof. Claudio Sessa, sindaco di Torre Boldone e il Prof. Oliviero Arzuffi, presidente di Areté “Il modello Aretè è un’esperienza che sta facendo scuola – ha spiegato il presidente di Aretè Oliviero Arzuffi – A tal punto che è stata scelta dalla Regione Lombardia e dal Ministero dell’Agricoltura e di Grazia e Giustizia per diventare un progetto pilota di “informazione formativa territoriale”, di durata triennale, volto alla “costruzione, promozione e diffusione di un modello di impresa agricola di produzione biologica con finalità sociale”, così come presentato dall’associazione “Amici di Areté”, nata nel 2008 proprio per finalità di promozione culturale, formativa e imprenditoriale. Il progetto è finanziato dalla Regione Lombardia con 45.000 euro, mentre lo stato italiano ci ha finanziato con un contributo di ben 500.000 euro. L’idea è quella di fare attività di promozione e informazione nelle scuole e nelle aziende, per dimostrare da un lato la ricchezza e l’unicità del prodotto biologico (più salutare e più nutriente di quello convenzionale), dall’altro la sostenibilità nel mercato di un’impresa che unisce la finalità produttiva a quella sociale”. A tal proposito, è in programma una serie di incontri formativi rivolti agli agricoltori (7 ore di incontri per ogni singola azienda), ai cittadini e al mondo scolastico – coinvolte 10 scuole di ogni ordine e grado, ma anche l’Università di Bergamo – per far conoscere il modello rappresentato da Areté. Inoltre, una serie di seminari e convegni sui temi della produzione del biologico, sull’educazione alimentare, sulla gestione di una cooperativa sociale per l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati nel mercato ordinario del lavoro. Un progetto unico, il primo del genere a svilupparsi e partire in Italia. La presentazione del progetto formativo territoriale ha coinciso con l’inaugurazione e la benedizione delle nuove strutture operative della cooperativa Aretè, dove detenuti in semi-libertà e persone in condizioni di disagio psico-sociale cercano nel lavoro un riscatto (dalla cooperativa sono passati ben 300 detenuti e malati psichici in 23 anni di attività). “Il vostro lavoro è stato, e sarà ancora, importante – ha sottolineato il vescovo di Bergamo mons. Francesco Beschi – Con la gratuità e l’amore verso il prossimo avete contribuito a sostenere un’iniziativa lodevole, che punta ad aiutare persone la cui vita è stata segnata da esperienze forti, in vista di un loro riscatto per ritornare alla vita normale, dentro la società”. “La ristrutturazione completa costerà 300.000 euro – ha spiegato il direttore di Aretè Elio Tabotta – Di questi, ben 180.000 euro sono stato donati dalla Fondazione Creberg. Vi hanno contribuito, poi, le suore delle Poverelle del Beato Luigi Palazzolo (proprietarie del terreno su cui opera Aretè) e il socio sovventore, la cooperativa Kcs, che quattro anni fa ha iniziato a sostenere economicamente Aretè, anche dal punto di vista manageriale”. A cura della redazione BOX n° 1 Areté: ben 23 anni di attività La cooperativa Aretè nasce nel 1987, in un vecchio cascinale della località Martinella, di proprietà delle suore delle Poverelle del Beato Luigi Palazzolo. Un’esperienza unica, che continua ancora oggi con l’obiettivo di allora: lavorare i campi seguendo sistemi di produzione biologica, offrendo un’occasione di reinserimento a detenuti e svantaggiati psichici. Il progetto Areté è il primo del genere a svilupparsi e partire in Italia e rappresenta il modello di un nuovo modo di intendere la multifunzionalità agricola, quello dell’agricoltura bio-sociale. Negli anni, Areté è diventata una realtà consolidata, associata all’Aiab (Associazione Italiana Agricoltori Biologici) e in costante crescita, nonostante la crisi che non risparmia nemmeno il settore agricolo. La cooperativa agricola può contare su una quindicina di dipendenti e su un fatturato di circa due milioni e 400.000 euro. Ma non ha perso la sua vocazione di “laboratorio pedagogico”: dall’87, sono stati reinseriti nel mondo del lavoro circa 300 tra detenuti e svantaggiati psichici (attualmente sono 23 gli assunti con borsa lavoro: 4 detenuti e 19 soggetti con disagi psichici). |