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Articolo Maggioranza Stampa

Con un calo dei votanti di quasi l’11% (gli elettori alle elezioni comunali di 8 mesi fa rappresentavano oltre il 76% dei cittadini rispetto al 65% delle recenti consultazioni regionali) possiamo dire che alle elezioni svoltesi domenica 28 e lunedì 29 marzo c’è un vincitore sicuro: l’astensionismo. Chi ha tifato per il non voto ha raggiunto livelli mai toccati nella nostra città e nell’intero Paese.

Alle regionali si sono astenuti 5.246 cittadini albinesi (sui 14.866 aventi diritto), ben 1.342 astenuti in più rispetto alle amministrative comunali del 2009.

Il livello di affluenza alle urne ad Albino, ed in generale in Italia, è sempre stato elevato: sottovalutare e subire l’astensionismo come qualcosa di inevitabile è sbagliato e, a nostro avviso, si rende necessaria una riflessione in merito.

Si deve riflettere seriamente sulla deriva delle istituzioni e sulla delegittimazione che i vari interpreti politici stanno vivendo.

La campagna elettorale appena conclusa ha visto i vari concorrenti attaccarsi a vicenda a colpi di slogan, con la quasi totalità dei cittadini estranei e diffidenti, sfiniti dalla ringhiosa bagarre proposta.

Il dibattito politico a cui abbiamo assistito dimostra i soliti e vecchi vizi di denigrare l’avversario (spingendosi fino alla delegittimazione degli organi dello Stato), anziché proporre programmi chiari e tangibili per consentire ai cittadini la scelta fra un’opzione o l’altra, mettendo in campo facce nuove e modi condivisi di fare politica.

I problemi che attanagliano il Paese hanno bisogno di risposte e decisioni, la gente si confronta quotidianamente con la difficoltà ad arrivare a fine mese, con una crisi occupazionale ed economica che ormai persiste da tempo senza lasciare intravedere una via d’uscita nel breve periodo.

Per risolvere i problemi e rispondere alle sempre crescenti necessità della gente, è doveroso da parte delle istituzioni un coinvolgimento e una condivisione su larga scala delle scelte da intraprendere, sacrificandosi in prima persona.

Il primo passo che i politici devono imporsi, a nostro avviso, passa anche dalla sobrietà che in questo momento appare indispensabile per dare credibilità alle istituzioni che essi rappresentano.

E’ urgente affrontare la questione della riduzione dei costi della politica snellendo l’apparato pubblico e modernizzandone l’azione amministrativa.

Il recente Decreto-legge proposto dal Ministro per la Semplificazione Normativa Roberto Calderoli, che prevede la riduzione dei consiglieri comunali, provinciali nonché gli assessori di queste istituzioni, risponde solo in parte e male alla legittima aspettativa di ridurre i costi della spesa pubblica.

Il taglio dei costi della spesa pubblica deve partire dal vertice della politica nazionale e non limitarsi a colpire il solo livello locale dove, ricordiamo, gli amministratori sono stati scelti direttamente dai cittadini e dove l’impegno è misurato direttamente sul territorio dalla gente che vuole risolti i problemi contingenti del vivere quotidiano .

Diversamente non è stato previsto alcun “taglio” a livello nazionale né tanto meno a livello regionale: parlamentari, ministri, sottosegretari, consiglieri ed assessori regionali rimangono intoccabili con trattamenti di indennità ingiustificati sia per ragioni etiche sia per ragioni economiche e che, per questo, devono essere quanto prima riconsiderati.

Ridurre il numero di parlamentari, di consiglieri regionali e le spese collegate alle loro retribuzioni vietando, per esempio, l’assunzione di più incarichi pubblici, dimostrerebbe al cittadino la volontà dei politici di mettersi a disposizione per il bene comune e non per difendere gli innumerevoli privilegi di cui oggi godono.

Quando la politica diventa mestiere è molto più facile perdere la dimensione del servizio per tutti!

Trovare la ricetta per riavvicinare la politica alla gente non è cosa da poco: se non si cercano soluzione alternative, restiamo in una situazione che non vede futuro.

Pensare di non considerare il livello di astensionismo è un grave errore.

Istituzioni e soggetti politici devono rendersi consapevoli che “cittadinanza e partecipazione” sono indispensabili a tutti i livelli per riavvicinare persone e politica.

 

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