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IL DIRITTO ALL’EDUCAZIONE: chi educa e come? Stampa

Art. 28 della “Convenzione Internazionale sui diritti dell’Infanzia”:

gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo all'educazione, e in particolare, al fine di garantire l'esercizio di tale diritto in misura sempre maggiore e in base all'uguaglianza delle possibilità:

a) rendono l'insegnamento primario obbligatorio e gratuito per tutti;

b) incoraggiano l'organizzazione di varie forme di insegnamento secondario sia generale che professionale, che saranno aperte e accessibili a ogni fanciullo, e adottano misure adeguate come la gratuità dell'insegnamento e l'offerta di una sovvenzione finanziaria in caso di necessità;

c) garantiscono a tutti l'accesso all'insegnamento superiore con ogni mezzo appropriato, in funzione delle capacità di ognuno;

d) fanno in modo che l'informazione e l'orientamento scolastico e professionale siano aperte e accessibili a ogni fanciullo;

e) adottano misure per promuovere la regolarità della frequenza scolastica e la diminuzione del tasso di abbandono della scuola;

Questo è forse il più importante dei diritti garantiti per i bambini, ragazzi, adolescenti, perché educare significa accompagnare lo sviluppo delle funzioni del cervello e della mente nell’individuo della specie “homo sapiens” fino al raggiungimento della loro completa maturazione con le funzioni cognitive, intellettive, psichiche, emotive e relazionali proprie dell’adulto.

Nasciamo con un patrimonio genetico che ci porta a realizzare ciò che è solo potenziale. Questo realizzarsi dipende fin dalla nascita dall’interazione con l’ambiente. Questo ambiente, oggi, è quello del “villaggio globale”, complesso, ricco di opportunità ma anche di rischi.

C’è il sistema educativo con le sue due principali agenzie: la Famiglia e la Scuola.

Educare: è una parola che oggi risveglia tante paure: paura di sbagliare, di dare troppo poco o troppo tanto, di non essere presenti abbastanza. Ci sono il lavoro di entrambi i genitori, la scarsità di tempo, la mancanza del necessario supporto sociale. Questi problemi spingono spesso le famiglie a delegare i compiti che appartengono a loro. E la delega maggiore ricade sulla scuola.

E può accadere che la scuola offra modelli difformi da quelli famigliari procurando nel bambino/ragazzo “dissonanze educative” che mettono i due soggetti educanti in conflitto.

Quindi l’educazione non potrà avere seguito se viene meno la famiglia che deve essere protagonista della nostra società.

Oggi è diffusa un’idea di fondo che sia in atto una profonda crisi educativa.

In passato le poche informazioni di cui i giovani disponevano provenivano essenzialmente dalla scuola, dalle organizzazioni religiose, mentre era compito della famiglia impartire quei principi di comportamento che avrebbero accompagnato l’individuo lungo il corso della sua vita.

Oggi i giovani sono inondati da informazioni incontrollate di cui nessuno controlla la veridicità, il cui unico scopo è quello di formare un “buon consumatore” e non un “buon cittadino”.

Se oggi c’è una crisi educativa vuol dire che c’è una crisi di comunicazione dei valori. Quindi si è aperto un gap tra il trasmettitore e il ricevitore. La crisi è dentro coloro che devono trasmettere cosa si deve trasmettere.

Una volta i punti di riferimento condivisi erano la famiglia, la scuola, per chi credeva la parrocchia, per chi faceva politica le sedi di partito, per chi aveva idealità le associazioni.

Oggi si sono sfaldati i punti di riferimento di tutti i luoghi deputati alla trasmissione dei valori dall’adulto al giovane. Non c’è più il gruppo che trasmette contenuto e storia ma prevale la ricerca della soddisfazione individuale. Non vale più ciò che è oggettivo, ma solo ciò che soggettivamente mi soddisfa. E quando si è raggiunto un risultato lo si mette in crisi così che non si riesce mai ad essere appagati di ciò che si è ricevuto e non si arriva mai ad avere piena conoscenza di quello che c’è dinanzi a noi.

È bene interrogarsi se non sia il caso che a tutti i livelli, laico, religioso, civile si rimetta l’idealità al centro delle proprie scelte. Ognuno, per la propria parte, riconsideri che l’idealità porterebbe ognuno di noi a riscoprirsi in altri che hanno le nostre stesse aspirazioni e con loro continuare a camminare. Ognuno di noi si sforzi di riprendere la rotta e certamente altri ci seguiranno.

È un augurio per i nostri ragazzi.

Ermanna Vezzoli

Presidente UNICEF Comitato di Bergamo

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