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Da una lettera scritta al Vescovo Stampa

Gent. Monsignore,

sono un pensionato di 67 anni, ex carpentiere meccanico e abito ad Albino.

Le scrivo questa lettera e le chiedo subito scusa se mi sono permesso di disturbarla. Da quando è cominciata la crisi occupazionale è cresciuto dentro di me un desiderio di ribellione verso cose ingiuste che accadono per l’egoismo di molte persone. Il governo, la Caritas, le varie associazioni, i sindacati hanno tamponato per un po’, ma il peggio deve ancora venire quando finirà la cassa integrazione e gli operai che verranno reintegrati saranno veramente pochi. Allora mi chiedo: come mai non c’è nessuno che osi dire attraverso i giornali, la televisione, i sindacati, le acli, le parrocchie… che molti posti di lavoro sono tuttora occupati da persone che sono in pensione o potrebbero andarci, ma continuano a lavorare come niente fosse (mi riferisco a qualunque categoria lavorativa esclusi i datori di lavoro), togliendo l’opportunità di uno stipendio a padri di famiglia e a giovani che magari hanno studiato per anni. Dicendo la verità qualcuno ha paura di essere compromesso?. Di solito queste persone non lavorano per necessità economiche ( vista l’età non hanno più bimbi da allevare), ma lo fanno solo per ambizione e per denaro. . Non mi vengano a dire che non saprebbero cosa fare, con tutto il bisogno di volontariato che c’è; basta accontentarsi come fa mia moglie tra ricoveri e ospedali…e poi ci sono altre possibilità e i soldi si devono lasciare a chi ne ha veramente bisogno. Sia ben chiaro che se uno ha veramente la necessità di lavorare io non sono contrario. Dicendo che questo è moralmente ingiusto ci sarà gente che arriccerà il naso, ma la stragrande maggioranza applaudirà e tra questi ci saranno non solo operai, ma gente che ha studiato tanto e sta ancora aspettando dopo anni che il “nonnetto” si faccia da parte. Sarebbe bellissimo che la Curia fosse la prima a dare il via nelle parrocchie, e anche L’Eco di Bergamo, che ho sempre stimato, sollecitassero le coscienze di queste persone ad accontentarsi di ciò che hanno.. Mi sono deciso a scrivere a Lei perché penso che una persona (dipendente o artigiano) che ha un simile comportamento fa del male, specialmente in un momento di crisi come questo e mettere il bastone tra le ruote a un papà o ad un giovane che ha il sacrosanto diritto di lavorare è orrendo Non è meglio che lavori un extracomunitario anche se in nero, piuttosto che quei signori lì? Concludo dicendo che se un giorno venissi a sapere che sono riuscito a procurare almeno un posto di lavoro (naturalmente spero di più), quel giorno sarei l’uomo più felice del mondo. Avanti, Monsignore, diventiamo un po’ antipatici a qualcuno ma facciamo sorridere qualche famiglia. Le chiedo nuovamente scusa per il disturbo e chissà che un giorno non possiamo fare quattro chiacchiere, anche se il mio italiano lascia un po’ a desiderare.

Distinti saluti

Mario Peracchi

 

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