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La Verità non ha paura del dialogo Stampa

Tra le varie cose che ogni tanto in questi giorni sto riuscendo a leggere, ho trovato alcuni articoli su avvenimenti di Chiesa, e non solo, che mi pare ci forniscano elementi per una riflessione che da noi è in atto.

Venerdì 27 novembre la Scuola “Romero”, su richiesta dell’Associazione Centro Culturale islamico Valle Seriana, ha concesso l’uso della palestra per la preghiera nel giorno in cui loro ricordano il sacrificio di Abramo, la seconda festa più importante per l’Islam insieme a quella della fine Ramadan. (Non dimentichiamo che Papa Giovanni Paolo II, a preparare la sua visita in Terra Santa, mandò a Gerusalemme una scultura in bronzo che raffigurava un ulivo con tre rami che sostenevano tre lampade, a ricordare che in Abramo le tre grandi religioni: ebraismo, cristianesimo e islam, hanno la loro comune origine).

In questo, mi pare, la Scuola ha mantenuto fede al nome che porta perché mons. Oscar Romero – che era stato eletto vescovo del Salvador perché ritenuto innocuo dal regime – si rivelò attento soprattutto alla situazione dei più poveri prendendo la loro parte. Appoggiato nemmeno da tutta la sua gente, tanto che qualcuno sputava in terra verso di lui, quando passava. E così venne colpito con una pallottola al cuore, durante la celebrazione della Messa.

Per questo, sarebbe bello che la disponibilità della Scuola, non essendoci stato il tempo materiale per farlo prima, potesse venire ripresa all’interno della Scuola stessa, tra gli studenti e i docenti, in questi cammini di formazione, che hanno al centro la persona nella sua totalità, con i suoi diritti e i suoi doveri.

Mi è piaciuta la sottolineatura che il Papa ha fatto l’altra sera, quando in occasione dei vent’anni dalla caduta del muro di Berlino il presidente tedesco ha dedicato al Papa un concerto, e lui – rispondendo al saluto iniziale – disse: “La Costituzione ha contribuito essenzialmente allo sviluppo pacifico della Germania, ed esorta gli uomini a dare alla dignità umana la priorità in ogni legislazione statale, a rispettare il matrimonio e la famiglia quali fondamento di ogni società, nonché ad aver riguardo e profondo rispetto per quanto è sacro agli altri. Così saremo capaci di suscitare un nuovo modo di pensare e di generare nuove energie nel servizio dell’uomo, di ogni uomo”. Terra di forte emigrazione, come la Francia, la Svizzera e il Belgio (ne sappiamo qualcosa anche noi bergamaschi); eppure il Papa, che si era già espresso sulla religione come fatto pubblico e non privato, non si mette sulla difensiva, ma promuove questo atteggiamento positivo e costruttivo; non ha paura di dire: al primo posto la dignità dell’uomo, il matrimonio e la famiglia, il rispetto “per quanto è sacro agli altri”.

La Chiesa non ha mai fatto sconti a nessuno; ha sempre sostenuto che accanto ai diritti ci sono anche i doveri, per tutti: per chi è nato qui, per chi qui è venuto ad abitare, per chi governa.

Al proposito, è interessante il Discorso alla Città che il cardinale di Milano ha tenuto in occasione del patrono S. Ambrogio, sottolineato e ripreso positivamente da tutte le autorità cittadine presenti: “Per perpetuare nel futuro la grandezza di una città non è sufficiente edificare qualche monumento o infrastruttura, o abbellirla con qualche opera d’arte. Si tratta di interventi utili, ma sappiamo da sempre che sono gli abitanti la ricchezza più grande di una città. È sulla solidarietà che si misura l’autenticità della grandezza di una città”. E ricorda la solitudine degli anziani, le famiglie con problemi anche economici, i giovani disoccupati, gli immigrati isolati. E per dire il suo ruolo sociale e politico, spiega: “La solidarietà non la si può staccare dalla giustizia ed esige la presenza attiva e responsabile delle stesse istituzioni, oltre al servizio indispensabile del volontariato”. Mi sembra di trovare qui una felice sintesi di chi e come è chiamato a costruire la grandezza di una città; non attraverso elemosine mortificanti o privilegi, ma attraverso “una vera e propria alleanza ... nel rispetto delle diverse competenze e nel segno di una reciproca fiducia”. Un’alleanza di un patto che deve essere osservato da entrambe le parti. E conclude il discorso invitando a guardare con speranza a Cristo, la cui presenza porta i segni del crocifisso, che si è fatto carico delle fatiche e delle sofferenze umane. “Conserviamo la presenza del crocifisso, simbolo cristiano ma anche profondamente umano. Di fronte a lui siamo tutti richiamati a interrogarci”.

Vorrei chiudere queste considerazioni con due ultimi riferimenti.

- L’ultimo film di Ken Loach “Il mio amico Eric”. Vi risparmio la trama, pur interessante soprattutto per quella forte solidarietà tra colleghi – compagni di fede calcistica e di forti bevute - per tirar fuori uno di loro da una tremenda depressione. È film che usa il calcio come metafora della vita, in un accavallarsi di emozioni, dalla gioia all’amarezza, dalla delusione alla speranza, con anche tanta ironia. Bene! Quando Eric chiede a Cantona – il suo idolo calcistico – qual è stato il momento più bello della sua carriera, questo non ricorda un gol, ma un assist, uno splendido passaggio smarcante per un compagno: perché “devi fidarti dei tuoi compagni di squadra. Sempre”. Vedi come alcuni termini tornino sempre: solidarietà, fiducia; è un film che invita ad aver fiducia nelle persone. E non possiamo ignorare il fatto che stiamo giocando tutti la stessa partita; e non possiamo lasciare perennemente in panchina chi, come gli immigrati, rappresentano il 10% della ricchezza nazionale e ogni anno pagano 7 miliardi di contributi previdenziali.

- Da ultimo vorrei lasciare il saluto che don Massimo Rizzi (l’unico sacerdote di Bergamo che il vescovo qualche anno fa ha mandato a Roma per specializzarsi in arabo e nell’islam) ha rivolto alla comunità musulmana raccolta in preghiera; dove nonostante le differenze e le difficoltà, si coglie come possano esserci spazi di dialogo e magari di stima, senza svendere la nostra identità.

Prima, però un augurio: tutti sono capaci nelle possibilità di trovare delle difficoltà; possano invece crescere sempre più persone che, nelle difficoltà, sanno trovare le possibilità

d. Giuseppe

Parroco di Albino

Carissimi amici dell’Associazione Centro Culturale islamico Valle Seriana,

Nello spirito di amicizia che da qualche tempo ho stretto con voi, nelle varie occasioni di incontro, condivido con piacere la vostra gioia: al termine del pellegrinaggio, ogni fedele musulmano partecipa alla grande festa, ricordando il sacrificio di Abramo e, in questo modo, rinnova il patto eterno che Dio ha fatto con l’uomo.

Quest’anno tale gioia è resa ancora più significativa dal fatto che la collaborazione di varie forze hanno reso possibile la celebrazione della vostra festa in un luogo certo più consono: spero che questo sia l’inizio di un nuovo corso del cammino di integrazione della comunità musulmana all’interno del tessuto sociale, come avete scritto anche voi nella vostra lettera.

La Provvidenza vuole che quest’anno la chiusura delle celebrazioni in occasione della ‘Aid al-Adha coincida con l’inizio dell’Avvento, periodo di circa quattro settimane in cui noi cristiani cattolici ci prepariamo alla celebrazione della grande Solennità del Natale, in cui ricordiamo la nascita di Nostro Signore Gesù Cristo: è questo un motivo in più per pregare gli uni per gli altri.

In occasione della precedente lettera il Vescovo sottolineava la sua preoccupazione per questo difficile momento in cui “la crisi economica mette a repentaglio il posto di lavoro e perciò la serenità di tante famiglie; problema, questo, che tocca sia le comunità cristiane che quelle musulmane”.

Mi permetto per questo di riproporre quanto egli affermava, evidenziando l’opportunità di “riscoprire forme di solidarietà, e uno stile di maggiore sobrietà di vita”. So per certo che molto state facendo all’interno della vostra comunità per alleviare le sofferenze dei più deboli.

Avrei il desiderio di proporvi qualcosa di nuovo: mi piacerebbe, in modo molto semplice, provare a pensare e realizzare insieme a voi alcuni gesti, come segno di condivisione, di aiuto e di partecipazione anche della comunità islamica a quei progetti che la società civile già ha messo in atto per soccorrere i più bisognosi.

Sarebbe certo un modo attraverso cui mostrare ulteriormente una volontà di collaborazione con tutta la società civile in un tempo in cui troppe forze vogliono mostrare un volto dell’islam e delle sue comunità che non risponde alla realtà; sarebbe inoltre un modo bello per iniziare a concretizzare quel dialogo effettivo che, da ambo le parti, mi pare ci sia il desiderio di sviluppare.

Sono certo che nei prossimi incontri avremmo modo di parlarne e di pensare insieme la cosa.

Nel rinnovarvi, dunque, gli auguri, vi chiedo una preghiera per il mio compito e per il cammino di dialogo che insieme vogliamo attuare, assicurandovi la preghiera perché l’Onnipotente faccia scendere la sua benedizione su tutti gli uomini e le donne di buona volontà.

Con affetto e stima

Don Massimo Rizzi

 

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