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La pala di Vall’Alta: un’idea, un cammino comune Stampa

All’inizio del nostro percorso stava l’idea di operare una ricognizione sulle vicende storiche che hanno accompagnato nei secoli la venerazione a San Giacomo e sulla iconografia presente nella parrocchiale. L’iconografia del santo contitolare è nutrita, ma relativamente recente: sculture in facciata e al suo altare, affreschi nella navata, paramenti, bassorilievi. Altre immagini più antiche sono emigrate nel corso dei secoli come la tela di G. B. Moroni. Se le ricerche lo confermeranno, anche il famoso Polittico di San Giacomo Maggiore con la Vergine e santi, di Bartolomeo Vivarini, oggi al The Getty Center di Los Angeles, proviene da qui”.

Con queste parole Elio Capelli, coordinatore del tavolo di lavoro inerente il restauro, ci fornisce un’introduzione al recupero conservativo effettuato sulla pala d’altare della parrocchiale di Vall’Alta, avente per soggetto San Giacomo, che è tornata al suo splendore d’un tempo e consegnata alla comunità lo scorso 25 ottobre.

La venerazione per il santo apostolo ha radici lontane in terra vallaltese. Si è appreso che “il 29 maggio del 1333, un certo Andrea Soanino del fu Pietro disponeva, tramite suo testamento, che si erigesse nella chiesa di Santa Maria di Vall’Alta un Altare sotto il nome di San Giacomo e che vi si eleggesse un Sacerdote dal Consorzio di Vall’Alta, perché vi officiasse continuamente”. Singolare importanza ha avuto questa fondazione nella storia dell’autonomia parrocchiale, perché consentiva la presenza di un sacerdote. Il 5 marzo 1463 il Vescovo di Bergamo, Giovanni Barozzi, separava la chiesa di Santa Maria “de Vallota [...] ab ecclesia Sancti Zenonis de Cene”, dando inizio di fatto ad una vera autonomia con propri parroci. Si dovrà attendere, però, oltre un secolo, ed esattamente il 23 agosto del 1564, per trovare i due titolari nominati insieme: “Chiesa di S. Maria e Jacomo di Valota”. (Tagliabue 1935)

Nello scorso secolo San Giacomo si è insediato al posto di San Luigi sul primo altare a sinistra, a fianco dell’ingresso. La scultura di legno, di discreta fattura, dalla fine degli anni Trenta alla metà degli anni Settanta, stava nella nicchia sopra la porta della sacrestia. In un inventario del 1892 “si crede opera dei Fantoni”; in un altro del 1907 è dichiarata in cattivo stato, poi corretto in “buono” con una nota del 1931, presumibilmente dopo un restauro.

Dovevamo ancora studiare la tela che sta alle spalle dell’altare maggiore – ha spiegato Elio Capelli, coordinatore dei lavori - la quale solitamente raffigura i patroni, per noi dunque l’Assunta e San Giacomo. Dipinto assai poco godibile, vuoi per il disturbo procurato da un impegnativo ciborio marmoreo del 1875, vuoi per le condizioni stesse della tela scurita, che non hanno mai consentito quell’apprezzamento che l’opera avrebbe meritato da parte di fedeli e amatori d’arte. Strada facendo, il nostro cammino ha emotivamente coinvolto, oltre al sottoscritto, tante altre persone, amici, appassionati e studiosi, suscitando molto interesse. Insieme abbiamo cercato di dare un nome ai tanti personaggi raffigurati, individuare i committenti, il contesto storico, anche l’autore che risultava ancora sconosciuto. Alla primavera del 2008 è datata una visita a Milano, alla mostra dei Ligari, pittori del ’700 lombardo, epoca nella quale si colloca il nostro dipinto; poi sono seguiti i sopralluoghi a tante chiese della zona dove erano segnalate opere del pittore nembrese Giovanni Carobbio, nome sul quale, nel frattempo, si era concentrata la nostra attenzione, quale possibile autore del dipinto. Nel contempo, proseguivano le ricerche nell’archivio della parrocchia, in quello notarile e diocesano. Abbiamo potuto capire molto del contesto sociale e religioso dal quale il dipinto scaturisce, senza ottenere purtroppo nessuna conferma documentaria”.

Sui risultati dei lavori è conseguita una pubblicazione e una mostra, entrambi a cura di Alberto Belotti, che raccoglie alcuni primi contributi sull’argomento, “coscienti – ha precisato Capelli - che altri potranno riprenderli, migliorarli, aggiungere altre tessere al mosaico. In questo percorso sono state coinvolte anche le scuole, per la precisione le classi prime della scuola media di Abbazia, che hanno visitato il quadro e mostrato interesse”.

I delicati restauri sono stato coordinati da Amalia Pacia, della Soprintendenza di Milano, e curati dalla restauratrici Marzia Daina e Donatella Borsotti nel laboratorio Okria di Bergamo. Il gruppo di lavoro è composto dal parroco don Daniele Belotti, dal coordinatore del gruppo locale di lavoro Elio Capelli e da studiosi e appassionati di storia locale, come Marco e Pietro Nodari, Gianpietro Tiraboschi, Alberto Belotti e Franco Innocenti. Il gruppo si è, insomma, cimentato nella raccolta di informazioni documentarie presso l’archivio parrocchiale, in altri archivi della provincia di Bergamo, in quello della Curia di Bergamo, con l’obiettivo di attribuire anche un nome al suo autore. L’impegno ha dato i suoi frutti, infatti l’autore del dipinto raffigurante Santa Maria Assunta e San Giacomo con la Trinità, apostoli e santi è stato individuato nella persona di Giovanni Carobbio, pittore nembrese vissuto tra il 1687 e il 1752, artista poco noto, ma che ha prodotto molte opere. Certamente, sarebbe da rivalutare e rilanciare.

A coloro che hanno accettato di farsi coinvolgere in questa avventura va la gratitudine di tutta la comunità vallaltese – ha commentato ancora Elio Capelli - Abbiamo raggiunto un traguardo importante, grazie alla comune unione di forze e intenti; diversamente non credo ce l’avremmo fatta a raggiungere un così importante obiettivo. Un grazie sentito alle restauratrici, che hanno amorosamente preso cura del dipinto e hanno risolto brillantemente più di un passaggio critico, e alla dottoressa Amalia Pacia, della Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico di Milano, che abbiamo l’onore di annoverare fra i concittadini”.

L’idea di restaurare la pala è sopraggiunta dopo uno studio delle opere d’arte riguardanti San Giacomo, intitolando l’operazione “Progetto San Giacomo”.

In realtà – ha precisato il parroco, don Daniele Belotti – il principale soggetto del quadro è il mistero dell’Assunzione di Maria, che è la patrona principale di Vall’Alta. Il progetto, però, è stato denominato “S.Giacomo” perché nella comunità parrocchiale è nato dal 2006, insieme al pellegrinaggio di Compostela, il desiderio di riscoprire anche la figura del patrono secondario, San Giacomo il Maggiore, appunto”.

Gloria Belotti

 

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